SI PRESE CURA - In cammino da Gerico a Gerusalemme

“Vide e ne ebbe compassione”

“La pietà e la compassione non sono un istinto, né buoni sentimenti: sono una conquista, un cammino che mette al centro il dolore dell’altro, non il proprio sentire.

Questi atteggiamenti invitano a preferire i poveri, gli ultimi, i deboli della storia, perché esprimono una umanità ancora tutta da riconoscere”.

(DALLA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO MIMMO “Coraggio. Alzati, ti chiama!)

Come il Samaritano, in viaggio, anche noi lungo la strada che porta da Gerico a Gerusalemme siamo chiamati a fermarci a vedere, ad avvicinarci e ad avere compassione. Non come dovere imposto, ma come passo da compiere e conquistare giorno per giorno. Non è scontato, non è spontaneo fermarsi. E’ il dolore dell’altro, il bisogno, a richiamare il nostro sguardo. “Vide e ne ebbe compassione” con amore gratuito e incondizionato. Cioè senza porre condizioni, senza mettere dei paletti, senza fissare dei limiti che circoscrivono a chi bisogna o non bisogna prestare attenzione….

Ma per fare questo è necessario, prima di tutto, abbracciare ed abitare la propria fragilità. Di questo abbiamo parlato durante l’incontro con i ragazzi dell’Istituto Penale per Minorenni di Airola, dopo aver condiviso il pranzo con loro. Abbiamo toccato con mano speranze, scoperto sogni, ascoltato vita che vuole ripartire, provato a guardarci dentro. Perchè nessuno di noi resti indietro. Perchè nessuno di noi senta di essere solo la sua povertà o il suo errore, ma ogni giorno è sempre quello giusto per scegliere chi vogliamo essere e ricominciare.

E di scelte, di sogni e di speranze abbiamo parlato anche con i ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Casalduni, partendo non da chi vogliono diventare da grandi, ma da chi vogliono essere da “piccoli” per poter rendere bella la loro vita da grandi. Custodendo ogni storia nel nostro cuore, lungo la via del ritorno ci siamo fermati da don Giuseppe. Semplicemente per incontrarlo e pregare insieme.

Vedere e avere compassione è avere gli occhi attenti alla vita. Propria e degli altri. E’ sapersi e sentirsi responsabili di ogni persona che ci è affidata lungo questo cammino.