“Si prese cura di lui: cinque sole parole, che di colpo ci proiettano al cuore delle scelte dell’uomo. Perchè non possiamo neppure cominciare a parlare delle questioni morali, anzi delle questioni umane, finchè non riconosciamo di provare un sentimento di cura per qualcosa o per qualcuno”. (PADRE ERMES RONCHI)
Ognuno di noi è chiamato a scendere quotidianamente da Gerusalemme a Gerico.
Uno scendere che, in realtà, è una salita: significa scendere in profondità nella vita, propria e dell’altro, per riuscire a scorgere in essa i segni della presenza di Dio. E anche io, anche tu che stai leggendo, non possiamo non passare per quella strada. Nessuno può dire: io faccio un’altra strada, io non c’entro, non mi riguarda, non sono fatti miei, meglio girarmi dall’altra parte. Siamo tutti sulla medesima strada. E non possiamo passare oltre, come il sacerdote e il levita della parabola. Perché oltre l’uomo che soffre, lotta, spera e ama non c’è nulla. Nemmeno Dio. La risposta di Dio al dolore e alla sofferenza, alle fragilità, alle ferite e alle difficoltà sono io, sei tu, è ciascuno di noi. Dio interviene, ma può farlo solo attraverso la mia debolezza, il mio dolore, la mia sofferenza, la mia fragilità, le mie ferite, le mie difficoltà.
La visita agli ammalati dell’ospedale di Sant’Agata de’ Goti, la vicinanza e il sostegno ai cittadini che lottano per l’ospedale, il percorso delle Vie Crucis foraniali come momento di cammino condiviso di conversione dello sguardo e del cuore, l’ascolto delle storie delle 9 famiglie di Airola che hanno dovuto lasciare le proprie case perché a rischio crollo, la conoscenza e la condivisione con i dipendenti dell’Agriges di San Salvatore Telesino, l’incontro e la preghiera con Luca e con le coppie della Forania di Telese che si stanno preparando al matrimonio.
E’ iniziato il nostro cammino da Gerico a Gerusalemme, il nostro cammino verso la Pasqua.