Convertirci alla Pace

Ritiro del Clero presso l'Aula Magna del Seminario diocesano - Cerreto Sannita (BN)
19-03-2022

 

Cari fratelli, ogni volta che celebriamo annunciamo la pace: “Tu che hai detto agli apostoli: Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà”. Ogni celebrazione è un augurio di pace, nell’unità e nella pace, secondo la volontà di Dio.

Cari amici, la pandemia ci ha preparato ad affrontare situazioni impreviste eppure quella che noi stiamo vivendo, ma soprattutto che stanno vivendo gli ucraini non era immaginabile fino a poche settimane fa, è come se si fosse aperta una realtà che non volevamo vedere nonostante già si preparasse da tempo. Tanti avranno pensato: non è possibile, sarebbe assurdo, siamo in Europa, siamo in pace; altri non si sono posti forse domande.

Purtroppo tante risposte non ci sono, ma soprattutto non c’è una risposta alla guerra, non c’è una risposta all’odio, all’orrore di bambini uccisi, se ne contano decine, i dati purtroppo sono sempre provvisori, imprecisi ma oramai si parla di parecchie centinaia di morti civili oltre ai militari.

È bello per noi, per me, stare qui perché la chiesa è casa mia, ma non da solo, voi siete la mia famiglia. La famiglia del vescovo, del sacerdote è il presbiterio. Non la carne, né il sangue ci uniscono, ma lo Spirito del Signore. Qui tutto è nostro perché nessuno è un’isola, siamo tutti parte di un tutto, di un corpo che è la chiesa! Non siamo fatti per essere isole e male è essere  isolati, persone che non sanno volere bene e si difendono dall’amore di Dio e del prossimo che resta lontano, estraneo, indifferente. Gesù, al contrario, rende prossimo anche il nemico!

Il cristiano non è un perfetto: è solo un peccatore perdonato, che ha sempre bisogno di misericordia, e che può essere pieno di luce se ha Gesù nel cuore. In queste settimane così tragiche, nelle quali sperimentiamo oltre la pandemia del Covid anche quella della guerra, ci troviamo a confrontarci con la manifestazione del male. Lo affrontiamo? Aspettiamo che passi? Troviamo rifugio nelle consuetudini? La guerra è sempre il frutto ultimo del male, conseguenza del non avere saputo dominare l’istinto che è sempre accovacciato alla porta del nostro cuore, come ammonisce Dio a Caino. Il male ci porta a cancellare l’altro e con lui la nostra stessa umanità.

Il male ci vuole rendere come vuole lui: aggressivi, violenti, al massimo equilibrati per rispondere al male con il male, occhio per occhio, e soprattutto isolati. Così vince sempre il male, perché diventiamo ciechi tutti, la vittima e l’aggressore. Solo l’amore salva noi e il mondo. Il male semina divisione, cattiveria, pregiudizio usandoci proprio perché pensiamo di potere non fare nulla o di controllare facilmente le conseguenze. Noi stessi, anche non volendolo, finiamo per essere contagiosi del male proprio quando pensiamo che non cambia nulla e soprattutto se non facciamo il bene.

Il male poi rende tutto sporco, brutto. L’amore, invece, rivela la bellezza della nostra vita di tutti i giorni. La preghiera è la nostra forza e poi diventa solidarietà, non resta nel chiuso dei cuori. Quando il nostro cuore diventa tempio dello Spirito vediamo e facciamo vedere anche noi la luce dell’amore, che è anche la luce della pace.

In Italia e in altri paesi europei, stiamo preparando l’accoglienza ai rifugiati dall’Ucraina. A tutt’oggi i rifugiati fuggiti sono più di 2.000.000. Stazionano lungamente, per giorni, alle frontiere. Tutta la Chiesa prega insistentemente per la pace.

Abbiamo paura della guerra. Chi non ha paura della guerra evidentemente è a favore della guerra, anche i soldati russi credete che non abbiano paura della guerra? Tanto più che sono giovani, di leva, inviati al fronte senza neanche sapere  che non andavano a fare delle esercitazioni ma a combattere. Alla logica della guerra, però si sta rispondendo con la logica di forza. In Germania, in poco tempo, si è deciso il riarmo con 100 miliardi di euro di spesa: una svolta storica, rispetto alla vicenda tedesca dopo la seconda guerra mondiale. La Costituzione italiana afferma all’art.11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”.

Da più parti, si grida al confronto militare e di forza. Chi non crede a questa strada, appare debole, se non traditore. Quando cresce la passione per le armi, le ragioni della pace sono zittite. Ma, per amore di chi soffre, rispondiamo con il Salmo 120: “Troppo io ho dimorato con chi detesta la pace. Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono guerra” (Ps 120, 6-7).

Cari amici indubbiamente il momento è grave, ancora più grave della pandemia, e sentiamo un senso di impotenza, sentiamo di non avere risposte, eppure si sta affermando qualcosa di nuovo: la guerra non è solo affare degli Ucraini ma è affare degli italiani, degli Europei, di tutti noi. Non è più una guerra lontana.

Papa Francesco ha una ragione sostanziale, radicale nell’aver fin dall’inizio del suo pontificato contestato il ricorso agli armamenti. Le armi producono condizioni potenziali di conflitto eppure assistiamo come a una folle rincorsa alle armi. Più vaccini, cibo,  e meno armi.

Cosa dice il Vangelo su questo? Partiamo da una frase di Gesù che noi leggiamo da Gv 14, 26 “Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la da il mondo, non sia turbato il vostro cuore…”: è un contesto particolare, Gesù parla ai discepoli, agli amici più intimi prima di essere messo a morte. Capisce il loro timore, sa che ci sarà violenza, (lo andranno a prendere con violenza nell’orto degli ulivi), sa che sarà processato ingiustamente, torturato e messo a morte. Ai discepoli spiega che sta andando a morire ma non come un imprevisto ma come frutto della congiura del  male perché questo, leggendo la Passione è chiarissimo: esiste una congiura del male di cui sono protagonisti tanti, compresi i discepoli che erano con il Signore. Dice: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Questo  quindi vuol dire che la pace non si possiede già, è un lascito, un dono, bisogna capirla, non è qualcosa di assodato.

Non dice “state tranquilli, cercate di stare in pace”: ma “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” e c’è un’aggiunta immediata “Ma non come la dà il mondo”.

La pace che dà il mondo non è la stessa che Gesù dona ai suoi discepoli. La pace non è facile, è una conquista complessa o quantomeno fragile. È esattamente la nostra situazione: credevamo di stare in pace, non avevamo bisogno di cercarla, l’avevamo ereditata e l’assenza di pace non è il fatto che non è possibile riceverla, viverla. Anche perché è un dono.

Si può anche dire che la Bibbia è piena di guerre, molti dicono “Io non leggo l’Antico Testamento ma il Nuovo Testamento perché l’Antico Testamento è pieno di guerre, di sangue, di battaglie”.

È vero ma la pace è all’inizio della creazione. La sofferenza inizia nel momento in cui lo Spirito di divisione trova spazio.

Il Signore lascia l’uomo e la donna liberi ma se non si sceglie il bene si scivola facilmente verso il male. I conflitti nascono, dice la Lettera di Giacomo, “dalle passioni che sono in noi”, dai sentimenti che si coltivano, che si ritengono innocui ma così non sono. La divisione si è insinuata e poi è difficilissimo far pace perché ognuno porta le sue ragioni e diventa difficile fare incontrare perché la pace si fa cedendo sempre qualcosa di sé, qualcosa dei propri principi, delle proprie ragioni.

In ogni caso la Bibbia è lo specchio di questa storia dell’uomo fatta di violenza, di guerra, di atrocità, di torture, ma in questa storia si inserisce il Vangelo della pace che comincia con i Profeti, comincia nell’Antico Testamento, comincia con l’alleanza con Noè.

La colomba della pace è la fine del diluvio, ma il diluvio è divisione, è distruzione, è anche guerra. Quindi noi dobbiamo leggere la Scrittura come la Buona Novella della Parola di Dio dentro la storia difficile, complessa, tormentata, persino violenta, fatta di vittorie, di sconfitte e soprattutto di tragedie subite dai più deboli.

Dichiarare di principio: io sono per la pace, non sono dalla parte dell’aggressore è giustissimo, ma che cosa cambia? Che effetto ha?

Qui c’è una grande indicazione: la pace è di tutti ed è responsabilità di tutti, quindi anche dei tanti che dicono “non mi riguarda”. E nella Bibbia la pace non è l’assenza di guerra, e non solo nella Bibbia… la Lettera agli Efesini cap 2, 13-18: “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.14Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo (quello ucraino e quello russo), abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia,15annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,16e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.17Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Facendo la pace, quindi la pace non esiste già, bisogna farla, crearla, costruirla, mantenerla, svilupparla, trasmetterla. Quante volte nella nostra vita prevale l’inimicizia verso qualcuno e non la pace di Gesù? La questione della guerra nasce da lontano ed infatti nel Vangelo capiamo che il conflitto nasce nel cuore dell’uomo e della donna. La mano si arma se i sentimenti sono bellicosi e non vengono cambiati e cambiati continuamente. È  una questione molto delicata perché ci chiama in causa. D’altra parte il Vangelo è liberante anche per questo, perché ci mette di fronte alle nostre responsabilità ed in fondo emerge una domanda molto chiara. Che cosa abbiamo fatto in tutto questo tempo per la pace ora che ci sdegniamo giustamente per la guerra?

È  necessaria oggi, per usare una parola del Vangelo, una CONVERSIONE alla pace, e conversione voi sapete non vuol dire cambiare religione, il termine che la Scrittura usa vuol dire “volgersi verso” “voltarsi” “cambiare orientamento”, conversione vuol dire pian piano cambiare modo di pensare e cambiare abitudini e quindi modo di vivere. La conversione non è come la famosa caduta di San Paolo sulla via di Damasco da cavallo. La conversione è accettare il cambiamento, quindi ci vuole una scelta, quindi quando parlo di conversione alla pace mi pongo anch’io, personalmente, la domanda che ciascuno si può porre: “Quanto lavoro per la pace, Quanto c’è la pace al centro dei miei interessi? Cosa posso fare per la pace? Quanto mi riguarda la pace? È davvero mia?” Il fatto di capire che è un dono è molto importante; è una responsabilità, dicevo, ma è anche una grande speranza, quindi va ricevuta.

Nel Vangelo di Luca il termine pace viene proclamato dagli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore” perché la pace arriva con la nascita di Gesù. Egli è la nostra pace, anzi come voi sapete, Isaia, sempre il profeta Isaia 9,5 parla di Colui che deve venire come il principe della pace. Non è una cosa banale, tutt’altro, pensiamo al Vangelo del Natale: Il principe della pace nasce e chi lo accoglie? La città lo rifiuta! è impressionante… nasce il principe della pace e non lo accoglie nessuno: la pace comincia accogliendo la sua Parola. Cosa si può fare? Si può far tanto con l’aiuto di Dio, con la sua Parola.

La Parola di Dio chiede la conversione: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,5). La conversione in questa quaresima è alla pace, a quel Gesù che è la nostra pace. Non è politica o morale, ma la persona stessa di Gesù, che nella Pasqua appare, dicendo: “pace a voi!”. Disarmiamo la vita e il cuore, i pensieri e le parole. La conversione è disarmo di se stessi. Bisogna smettere le piccole guerre personali, che anche se sembrano giuste o ci accompagnano. E quanto tempo della nostra vita, quanta energia si consumano intorno a questo!

I cristiani sono -diceva Clemente di Alessandria- una razza pacifica. Il cristianesimo felice e le beatitudini: “felici gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). Felici, perché hanno imparato che mai si è felici contro gli altri, ma operando per la pace.

“Bisogna realizzare la fraternità. Bisogna lottare contro la cultura arrogante della guerra: diffondere l’amore per la pace, per la felicità e non per l’odio. La pace è una responsabilità, forse questo ci turba, perciò Gesù subito dopo dice “Non sia turbato il vostro cuore” perché lo sa benissimo, siamo tutti turbati e sarebbe strano se non lo fossimo, ma il turbamento deve bloccarci o deve metterci in movimento?

Il Vangelo è nato ignorato eppure ha conquistato i cuori ed ha permesso veramente la pace. Nelson Mandela, San Giovanni Paolo II, Gandhi, Martin Luter King… C’è bisogno di spiriti grandi, di essere grandi in questo senso assumendo insieme, non da soli, ascoltando il Vangelo della pace come prospettiva necessaria per noi e per il futuro. Dobbiamo essere grandi. Seminare pace vuol dire seminare amore e bene.

Dobbiamo diventare noi costruttori di pace, come indica il Cantico di Zaccaria: “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,79). Dobbiamo essere non pacifisti, ma pacificatori. È veramente umano un mondo senza violenza ma dove poi ci si ignora, e si vive ognuno per conto suo, magari in solitudine? Pacificatore è chi costruisce ponti, costruttore, diventa operatore di pace cercandola nell’unità tra gli uomini. Quando celebriamo diciamo: Tu che hai detto agli apostoli: Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà. La volontà di Dio è unità e pace. Le due cose camminano insieme; la pace è nell’unità non nell’individualismo. Per questo la liturgia della Domenica è una occasione di pace: fa cadere la separazione, fa incontrare, raccoglie attorno alla mensa dell’altare e della Parola. Unità e pace secondo la tua volontà.

Pace è la luce dell’amore di Dio che è nascosta in ognuno di noi che può rendere tutto “bello”. Non teniamola nascosta! Per un mondo finto, illusorio, la bellezza è finta, esibita, afferma se stessa, impossibile. Invece la bellezza di Gesù è rendere belli gli altri, e quando lo facciamo in realtà diventiamo belli anche noi.

Spesso ci interroghiamo se sapremo essere capaci di raggiungere gli obiettivi, abbiamo paura di non essere all’altezza, di non avere consensi, di non scoprire cosa ci rende felici! Ci interroghiamo sui risultati. Gli uomini cercano la gloria rubandola agli altri, nelle cose, nelle onorificenze, nelle caratteristiche esteriori, nel potere, nell’affermazione di sé, pensando che la gloria sia diventare come Dio. La gloria è nel peccato perdonato, nell’inimicizia vinta, nei fratelli che si riconciliano, nella fragilità protetta. Per conservare quella luce dobbiamo scendere con Gesù nell’amore e nella preghiera e scendere con Lui nel servizio e nell’umiltà verso il prossimo. Crisostomo dice: “Nulla ci rende simili a Dio come il fare del bene”.

La luce rende luminosi e attraenti noi e l’altro perché amati. La gloria di Gesù è abbassarsi a lavare i piedi ai suoi, donarsi spezzando il pane e versando il vino; lasciarsi inchiodare alla croce di un amore senza limiti. È quel pezzo di cielo che è nascosto dentro di noi e che Gesù rivela pienamente e che ci fa affrontare anche il buio più profondo senza perdere il cuore e con la luce nel cuore e negli occhi. È la luce che ci rende pienamente uomini della terra proprio perché del cielo.

È la luce della pace che sempre più deve rendere luminosa la nostra vita per poter rendere luminosa la vita degli altri. Unità e pace secondo la tua volontà. Che sia sempre anche la nostra volontà. San Serafino diceva: Accogli la pace dentro di te e migliaia attorno a te troveranno la pace.

Sia così per ognuno di noi.

† Giuseppe, vescovo