Cari fratelli e care sorelle, viviamo in un tempo in cui la le buone notizie sono scarse. Anzi non mancano i problemi, e la pandemia ha accentuato tanti mali vecchi e ne ha creato di nuovi. Interi pezzi di società sono stati messi da parte. Vogliamo pensare agli anziani o ai disabili.
Prevale in tanti un atteggiamento pessimista e lamentoso. Il male esiste, invisibile e forte. All’inizio siamo stati più pazienti perché sembrava un tempo definito, sei mesi, un anno, ma poi doveva passare, con l’estate con il vaccino… invece persiste… Resta, dobbiamo farci i conti. C’è chi soffre in modo particolare questa angustia e quasi ha perso l’orientamento.
Ma noi che siamo venuti qui abbiamo una domanda nel cuore. Il Vangelo non dà soluzioni, non ha ricette, non propone qualcosa di predefinito: guida, accompagna, prende per mano, spiega. Il Vangelo ci dice di vivere qualcosa di bello e di certo nella fragilità. Senza chiuderci, senza illuderci e senza fuggire.
Il Vangelo ci attrae perché è una parola nuova che crea situazioni nuove. Ci indica un itinerario, e sempre riesce a farci vivere esperienze belle persino nelle difficoltà e negli errori.
Dalla liturgia viene un annuncio diverso, oggi la domenica è detta della Gioia. Perché della gioia? Come si fa a parlare di gioia quando ci sono tanti problemi? La liturgia ci aiuta a vivere la nostra gioia non solo come contentezza per qualcosa che ci va bene, ma a radicarla, la gioia, nel mistero di amore di Dio: “Rallégrati, figlia di Sion”, ci ha detto la prima lettura, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico.
Cari amici, da qui viene la gioia: Il Signore ha revocato la sua condanna, niente ci potrà più separare dal suo amore che sta per venire; sta per farsi carne nella vita del Bambino di Betlemme; il mondo non è più solo; è questo l’annuncio in questo mondo triste e rassegnato. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.”
Sta per nascere Gesù e noi siamo contenti di questo. Sta per nascere Gesù, sta per nascere un bambino, il figlio di Maria e Giuseppe, il Figlio di Dio.
“Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.” (Fil 4,4). Paolo scriveva queste parole mentre era in carcere a Roma e forse aveva già di fronte la prospettiva della morte. Eppure esorta sé stesso e i cristiani di Filippi a gioire perché, aggiunge, “il Signore è vicino”. La gioia insomma viene da Dio, non dal mondo. La gioia viene dal vivere il Vangelo.
La Parola di Dio spinge a non lasciarsi prendere dalla tristezza, dal pessimismo diffuso, e ci chiede di alzare lo sguardo verso il Natale che arriva; da quel bambino la nostra gioia e la nostra speranza. Non siamo più soli, il Signore viene accanto a noi. Tutti attendevano il Messia, colui che avrebbe cambiato il mondo, che avrebbe liberato gli uomini e le donne dalle schiavitù di questo mondo, che avrebbe aiutato i poveri, che avrebbe guarito i malati.
Per questo molti, da ogni parte della Galilea e della Giudea lasciavano le loro città e i luoghi ove abitualmente vivevano per recarsi nel deserto ed incontrare Giovanni Battista che parlava di cambiare vita, di preparare le vie del Signore. Di fronte alle parole di Giovanni battista molti chiedevano: E noi, che cosa dobbiamo fare?” .
Che differenza con chi è pessimista e rassegnato! Chi non chiede nulla è perché non spera in nulla. “Che cosa dobbiamo fare” per rinnovare la nostra vita e cercare un futuro migliore per tutti?
Giovanni è qui che parla, in mezzo a noi. Assieme a quella folla di uomini e di donne, assieme a quei soldati e a quei pubblicani che si erano accalcati attorno a lui, ci siamo anche noi e, con loro, chiediamo: “Che cosa dobbiamo fare?”. È la nostra domanda di oggi: che cosa dobbiamo fare per accogliere il Signore che viene? Giovanni risponde con semplicità e chiarezza: Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto. La carità prepara i cuori ad accogliere il Signore che viene nei poveri e dei deboli.
Giovanni chiede di interrogarci su come dar da mangiare a chi non ne ha, come vestire chi non ha di che vestirsi. È una urgenza del nostro tempo in cui la povertà di tanti è cresciuta anche come conseguenza della pandemia. Comprendiamo meglio che preparare il Natale significa preparare il Natale con e per i poveri. Rivolto ai pubblicani e ai soldati, Giovanni esorta a non esigere nulla di più di quanto è stato fissato e a non maltrattare e a non estorcere niente a nessuno. Chiede, insomma, di essere giusti, di essere rispettosi gli uni degli altri. Giovanni ricorda che il Messia nasce tra carità e giustizia, tra misericordia e rispetto, tra tenerezza e compassione. Il Signore verrà, scenderà nel cuore di ognuno e ci battezzerà in Spirito Santo e fuoco. “La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini” dice Paolo ai Filippesi: Nessuno rimarrà così com’è. Lo Spirito Santo allargherà le pareti dei nostri cuori e ci guiderà! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti e aggiunge l’Apostolo: “E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.” Sì, quella pace che crediamo ci venga dal farci i fatti nostri è un dono di Dio ed è concessa con abbondanza solo a chi aspetta con impazienza e cerca con forza le buone notizie che ci spingono ad uscire da noi stessi e ci spingono ad aprirci alla vita. In mezzo a un mondo consumista che si preoccupa e si agita per se stesso i pranzi di Natale, le feste del dono, o pacchi per le famiglie, le carovane della gioia sono semi di pace e di amore e una testimonianza del regno di Dio che viene. Sono ponti che avvicinano persone lasciate in disparte, abbattono muri e distruggono barriere che generano rabbia, ostilità e aggressività. Per questo tutti possiamo aiutare. Quello che raccoglieremo oggi sarà speso per preparare il Natale con i poveri.
Tanti poveri ma anche tanti che si uniscono a noi in questo movimento di cuori che avvicina gli uni agli altri. Se nel mondo si continuano a scartare i deboli e i poveri, sentiamo più forte la responsabilità di comunicare il dono dell’amore e della pace che è stato fatto alla nostra vita.
Noi viviamo in mezzo agli altri ma testimoniamo una forma di vita meravigliosa e paradossale, chiamati ad essere testimoni dell’Avvento di Dio in questo mondo.
Prepariamoci cari amici ad accogliere il Signore Gesù che viene in mezzo a noi come l’amico buono della nostra vita; come la buona notizia che il mondo non conosce ma di cui ha tanto bisogno.
† Giuseppe, vescovo