Riflessioni degli studenti degli Istituti "Luigi Sodo" - “De Liguori” - "Telesi@"

Photogallery – Giornata Giubilare diocesana della Scuola

Foto a cura di Sabatino Falzarano

Osservando quello che succede nel mondo, ascoltando il telegiornale o leggendo un giornale quello che viene spontaneo chiedersi è in che direzione sta andando l’umanità?

Nel mondo sono in corso 56 conflitti armati, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale, da quello in Ucraina a quello a Gaza; solo quest’ultimo ha fatto circa 61000 vittime dal suo inizio di cui 20000 bambini. Questi non sono solo numeri, che ormai ci siamo quasi abituati a sentire, sono vite spezzate, sono i sogni bruciati di bambini e ragazzi come noi.

Ogni minuto, nel mondo, più di 20 persone sono costrette a lasciare la propria casa a causa di guerre o violenze. A questo terribile dato, si aggiunge la povertà, la violenza sempre più in crescita tra le fasce più giovani della popolazione, la discriminazione e la migrazione. Il nostro mondo ha smarrito i valori di fraternità, di uguaglianza e soprattutto di pace, non riconosciamo più l’altro, non ci identifichiamo più nel dolore dell’altro. Sembra quasi che tutta l’umanità sia distaccata, si senta lontana da tutte queste atrocità, da tutta questa sofferenza.

In un mondo così ferito e indifferente, abbiamo bisogno di riscoprire il senso profondo dell’essere umani, e la parabola del buon samaritano ce lo insegna con una chiarezza disarmante.

Racconta infatti che un uomo viene aggredito, derubato e lasciato mezzo morto lungo la strada da Gerusalemme a Gerico. Passano un sacerdote e un levita — persone religiose e rispettabili — ma tirano dritto. Solo un samaritano, considerato straniero e nemico, si ferma, si china su di lui, si prende cura delle sue ferite e lo affida a una locanda.

Ecco allora Papa Francesco che nella sua enciclica Fratelli Tutti ci ha detto che “Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. […]. Non c’è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c’è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza; quelle che si chinano riconoscendo l’uomo caduto e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo. In effetti, le nostre molteplici maschere, le nostre etichette e i nostri travestimenti cadono: è l’ora della verità. Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura.”

Conclude Papa Francesco.

Possiamo costruire il mondo in cui vogliamo vivere, possiamo cambiare le cose, ma questo potrà succedere soltanto se smetteremo di rifugiarci nell’indifferenza, se decideremo di essere come il buon samaritano. È vero non possiamo fermare le bombe, ma possiamo costruire la pace e la fraternità a partire dalle nostre famiglie, dalle nostre scuole, dalle strade dei nostri paesi. Non sono le grandi cose a fare la differenza, ma i piccoli gesti: una mano tesa, una merenda condivisa, un sorriso, una parola gentile, la spalla di un amico, un abbraccio, un aiuto in matematica di un compagno di classe, un’azione offerta a una persona in difficoltà.

Sono queste le cose che possono fare la differenza, perché non è solo la fede a dircelo, ma è anche la scienza, sapete cosa diceva Margherita Hack? “Tutti noi abbiamo un’origine comune, siamo tutti figli dell’evoluzione dell’universo, dell’evoluzione delle stelle, e quindi siamo davvero tutti fratelli. “

Non credete a chi vi dice che non possiamo cambiare il mondo, perché se ci crediamo, insieme, possiamo eccome.

Eufemia Grasso, rappresentante d’Istituto “Luigi Sodo” – Cerreto Sannita (BN)


Una nuova visione economico-sociale per un mondo più giusto e solidale 

In questo tempo di Giubileo della Scuola, ci ritroviamo uniti nel desiderio di rinnovare lo sguardo sul mondo e sul futuro delle nuove generazioni.
Il Giubileo è tempo di grazia, di rinascita e di giustizia: un invito a restituire equilibrio alle relazioni, a riscoprire la fraternità e a costruire ponti di speranza.

La scuola, cuore pulsante della società, è chiamata ad essere luogo di incontro, di dialogo e di crescita integrale della persona.
È tra i banchi che si formano le coscienze, si coltivano i valori della solidarietà e si comprende che la conoscenza è vera solo se diventa servizio e responsabilità verso gli altri.
Ogni gesto educativo è seme di cambiamento: nella scuola si imparano non solo le regole del sapere, ma anche quelle della convivenza, della giustizia e del rispetto reciproco.

Oggi più che mai, l’umanità ha bisogno di una nuova visione economico-sociale.
Viviamo in un mondo segnato da disuguaglianze crescenti, da crisi ambientali e sociali che ci interrogano profondamente.
Non possiamo più pensare a un’economia che metta al centro il profitto, ma dobbiamo immaginare un modello che rimetta al centro la persona, la dignità del lavoro e la custodia del creato.

Una nuova economia deve essere umana, partecipata e solidale, capace di unire sviluppo e giustizia, progresso e responsabilità.
Significa promuovere modelli produttivi sostenibili, rispettosi dell’ambiente e delle generazioni future; incoraggiare forme di cooperazione e mutualità che riducano le disuguaglianze e favoriscano l’inclusione.

Significa anche educare i giovani a una cultura del limite e della condivisione, dove la ricchezza non è solo materiale, ma è fatta di relazioni, di fiducia e di bene comune.

La scuola ha un ruolo fondamentale in questa trasformazione.
È il luogo dove si impara che ogni scelta economica ha conseguenze sociali, e che ogni azione personale può diventare un atto di giustizia.
Qui si formano cittadini consapevoli, capaci di leggere il mondo con sguardo critico e di costruire, passo dopo passo, una società più equa.
La vera economia non è quella che accumula, ma quella che condivide, che crea valore per tutti, che genera speranza.

Il Giubileo ci invita a guardare il futuro con occhi nuovi: non come spettatori, ma come costruttori di un mondo nuovo, dove la fraternità non sia solo un ideale, ma una prassi quotidiana.
Solo così potremo dare alle nuove generazioni un’eredità di pace, solidarietà e giustizia.

Educare significa accendere luci nelle menti e nei cuori, affinché ciascuno possa contribuire alla costruzione di un mondo più giusto, più solidale e più fraterno.
Che questo Giubileo della Scuola sia dunque un tempo di rinnovata missione, di impegno e di speranza, un’occasione per mettere al centro l’uomo, la sua dignità e la sua capacità di amare e di servire.

Perché dall’educazione nasce la civiltà, e dalla solidarietà fiorisce la pace.
E solo da una nuova visione economico-sociale, fondata sul rispetto, la condivisione e la fraternità, potrà nascere un mondo davvero giusto, umano e universale.

Camilla Battimiello, classe II del Liceo Classico Istituto “De Liguori” – Sant’Agata de’ Goti (BN)


LA PACE

“La Pace in Terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.” (Pacem in Terris, Papa Giovanni XXIII).

In un tempo in cui la convivenza umana sembra spesso ridotta a contatto, a tolleranza forzata, a equilibrio precario tra interessi divergenti, risuona come un’eco lontana la voce di papa Giovanni XXIII che ci invita a guardare più in profondità: non alle strutture, non ai confini, non ai ruoli, ma allo spirito, che anima la convivenza. Questa, è un luogo sacro, spazio di rivelazione, cammino condiviso verso il vero, il bene, il bello. È un fatto spirituale, prima che sociale; è una vocazione, prima che una necessità. E allora, come si articola questa visione? Quali sono i suoi pilastri? Quale luce può gettare sul nostro presente inquieto? Le parole dell’enciclica “Pacem in terris” offrono l’opportunità di costruire un percorso di analisi e riflessione, per riscoprire la convivenza come atto morale, esperienza estetica, scambio generoso, fondamento della pace. Non per costruire un sistema, ma per accendere una speranza.

Essa ci aiuta a capire che cosa è la guerra e che cosa è la pace. La pace non è solo il tacere delle armi, ma si fonda su quattro grandi pilastri: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà.

L’autenticità del vivere insieme risiede nella relazione profonda con l’altro, riconosciuto come portatore di senso e interlocutore nella ricerca del vero, del bene, del bello. Non si tratta solo di condividere spazi o regole, ma di partecipare a un cammino comune che coinvolge l’interiorità, la coscienza, la libertà.

Vivere insieme significa anche essere richiamati al bene morale. La presenza dell’altro è uno specchio che ci interpella, ci costringe ad uscire da noi stessi, ci educa alla virtù tramite l’esercizio di pazienza, giustizia, mitezza e fedeltà.

Perché tutto questo sia possibile, è necessaria una disposizione interiore: la volontà di effondere negli altri il meglio di sé.

Tutti questi valori spirituali – verità, giustizia, bellezza, dono, comunione – non restano confinati nella sfera privata o interiore: sono il fondamento vivo e orientante di tutte le espressioni esteriori della convivenza: la cultura, l’economia, la politica, il diritto. Senza questo fondamento, le istituzioni si svuotano, diventano meccanismi senz’anima; ma se radicate nello spirito, esse possono diventare strumenti di umanizzazione, di giustizia, di pace.

Nel nostro tempo, la sfida più urgente e più importante è la capacità di cambiare sguardo, di cambiare stile di vita, di cambiare cuore, di divenire veri operatori di pace.

A cura degli studenti del Telesi@ – Telese Terme (BN)