Cari amici,
non è semplice descrivere i sentimenti, le emozioni, i timori che affollano il mio cuore. Non mi vergogno di dire che quando il Nunzio mi riferì che il Papa mi aveva scelto come Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, ho sentito tanta emozione per una nuova tappa che si apriva improvvisamente nella mia vita. Ho sentito di dovermi meritare la fiducia che si riponeva in me per un servizio che devo imparare dalla vita con il popolo di Dio, dall’ascolto della Parola del Signore e della gente, dai segni che troverò lungo la strada. Devo ancora imparare tanto, nonostante la mia età non più giovane.
Ringrazio il Santo Padre per il ministero che mi ha affidato e ribadisco la mia piena comunione profonda con il suo insegnamento che ha costituito la guida finora e che, ancor di più, lo sarà come Vescovo, a partire dall’Evangelii gaudium, seguendo la via che egli traccia.
Sento stupore per la scelta della mia persona. Non voglio fare il finto umile. Conosco però tante persone, anche del nostro Clero diocesano, che ho sempre ammirato, più capaci di me. Di fronte a questa chiamata, sento la distanza, tra quello che sono e quello che mi viene chiesto di fare. Sentire questa distanza ci fa sempre bene e ci tiene al nostro posto: genera umiltà. La Parola di Dio ci conforta: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9). E poi ancora dà coraggio di andare oltre i limiti che sento oggi più forti: “Tutto posso in colui che mi da forza”.
Ho timore per le responsabilità del ministero. In primo luogo la responsabilità verso la Parola di Dio da annunciare e vivere con fedeltà in questo nostro tempo che cambia così velocemente; la responsabilità verso la Chiesa di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, antica diocesi suffraganea della Metropolia di Benevento. Ieri mi ha chiamato per salutarmi Mons. Felice Accrocca verso cui provo un grande desiderio di amicizia. Responsabilità verso tutto il popolo santo che mi viene affidato. Responsabilità di non divenire un burocrate e un amministratore, ma di essere un fratello e un sacerdote tra i fratelli e le sorelle. Responsabilità di essere amico dei poveri, dei sacerdoti e di tutto il popolo di Dio.
Trovo incoraggiamento nelle parole di Gesù ascoltate dal Vangelo di domenica scorsa. Ai discepoli, che si sarebbero trovati da soli senza di Lui ad affrontare un mondo complesso e ostile, Gesù non propone una strategia o un programma pastorale. Dice: “Rimanete in me ed io in voi”. La vita, gli impegni, le responsabilità si affrontano rimanendo uniti a Gesù, accogliendo le sue parole, e come Maria custodendole nel cuore e meditandole perché diventino vita nella vita. Lui resta in “voi”, cioè in noi, nella comunione di una Chiesa locale, di queste nostra Chiese della Campania e oltre.
Questa è la preghiera che mi permetto di chiedervi: pregate per me perché io sappia sempre rimanere in Gesù! Veramente senza di lui non possiamo fare nulla. Certo possiamo fare tante cose, ma solo rimanendo in Gesù possiamo costruire legami veri di fraternità, di amicizia, di pace. Solo rimanendo in Gesù possiamo rimanere vicino ai poveri; ai malati; agli anziani; ai bambini; ai profughi; ai soli. Rimanere senza fuggire, senza semplificare, senza banalizzare; senza cercare sempre nuove esperienze dimenticando quanto fatto il giorno prima, perché la Chiesa è una storia che va verso il futuro e non un’invenzione di ogni giorno. Non basta incontrare, bisogna rimanere. Rimanere per essere famiglia, che è la grande domanda di questi tempi incerti e nebbiosi. Rimanere come compagno di viaggio dei viandanti e mendicanti della vita.
Essere Vescovo chiede un’accelerazione nel comunicare il Vangelo, la priorità nella vita di un cristiano e di una Comunità. Un impegno che la Comunità di Sant’Egidio con cui sono cresciuto spiritualmente, mi ha trasmesso sin dal primo giorno. Oggi e allora la Comunità mi ha aiutato a conoscere i segni della vocazione, mi ha fatto incontrare il Vangelo, mi ha fatto toccare le fragilità del mondo, mi ha portato dinanzi alle ferite della guerra e della violenza. Comunicazione del Vangelo e quindi preghiera, insieme a poveri e pace sono i tre pilastri che la Comunità mi ha trasmesso e che mi sforzo di vivere in uno spirito di simpatia per tutti, senza distinzioni, se non quella di una scelta preferenziale per i poveri come il Vaticano II insegna.
Preghiera, poveri e pace saranno i tre pilastri su cui edificare l’edificio spirituale del mio ministero.
Ringrazio la Chiesa di Napoli per aver accolto la mia vocazione e per averla confermata con l’ordinazione diaconale e poi sacerdotale. Ringrazio il Cardinale Sepe per la sua paternità amichevole e per la fiducia che ha avuto sempre nei miei confronti chiamandomi ad essere suo segretario per circa dieci anni, mentre ho continuato a fare il parroco. Accanto al cardinale, si vedeva la realtà della Chiesa di Napoli, perché è stato un maestro anche nel lavoro, ma anche si toccavano i problemi e le realtà della Chiesa universale. Con il cardinale mi sono accorto che Napoli significa molto anche per il mondo. Sono stati anni impegnativi ma anche molto belli perché, non chiusi in un lavoro amministrativo, ma ricchi di volti, di nomi, di storie. Quante amicizie, quanti rapporti personali; una vera ricchezza di umanità.
Ringrazio il nostro Arcivescovo, don Mimmo, per la fraternità che, dal primo incontro, ha avuto nei miei confronti e per la fiducia di avermi voluto riconfermare nell’incarico. Le sue parole affettuose rivelano come, in poco tempo, si sia creato un affiatamento tra chi ha a cuore il Vangelo e i poveri. Sento già la nostalgia di lasciare lui, tutti gli amici con cui ho lavorato, il presbiterio di Napoli. Ma sento che don Mimmo introdurrà la Chiesa napoletana con umiltà e coraggio nella stagione che i tempi nuovi richiedono confermando e già lo sta facendo, che la Chiesa resta un punto di riferimento necessario soprattutto in un contesto fragile e confuso come quello del tempo che stiamo vivendo. Io pregherò sempre per l’Arcivescovo e per Napoli, mentre sarò umilmente vicino. Vivo il paradosso di essere suo successore, che è un dono.
Ringrazio ognuno di voi miei cari amici della Curia, sacerdoti, diaconi, laici. Ringrazio tutti per la cordialità che mi avete donato in questi anni di servizio alla Chiesa di Napoli. Ognuno di voi è un tassello importante del grande mosaico che è la Curia con i suoi tanti uffici, Tribunale, Caritas, Archivio storico, Poliendum… Ognuno di voi è stato importante; ognuno di voi ha reso più bello questo tempo. Grazie della vostra amicizia! Ringrazio in modo particolare tutti della segreteria, famiglia dell’Arcivescovo e quindi anche mia famiglia: suor Maria, Angela, Enzo, Antonio, Roberto, Stefania, Salvatore, Flora: ma anche Domenico, Francesco, Carmine: tutti compagni di viaggio preziosissimi. Grazie per la pazienza che avete avuto verso di me. Grazie anche a Emanuela e Don Antonio che sono venuti da poco ma che subito hanno mostrato spirito di comunione e collaborazione. Grazie anche a tutti quelli che non ho citato.
Saluto con gioia e trepidazione la Chiesa di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. Chiesa sorella e amica, così sorella da aver donato alla Chiesa di Napoli il suo Arcivescovo don Mimmo, e così amica da accogliere come Vescovo un prete di Napoli. Il Signore benedica l’amicizia e la parentela tra le nostre due Chiese. Saluto i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose. Saluto il popolo santo di Dio, i bambini, i giovani, gli anziani, gli ammalati, i poveri. Desidero essere il Vescovo, cioè un fratello pellegrino tra le varie città e paesi, dove non ci sono le dimensioni demografiche di Napoli, ma pure esistono problemi e difficoltà. Le dimensioni più ristrette dei centri abitati sono una possibilità di essere Chiesa famiglia sulla via del Regno di Dio.
Fratelli e sorelle, a tutti affido il mio ministero, perché, rimanendo in Gesù e con il vostro aiuto porti frutti abbondanti di grazia.
Ringrazio don Mimmo per il lavoro svolto finora nella Diocesi da cui proviene; troverò tanti frutti già maturati e sono sicuro di poter raccogliere frutti da quanto da lui seminato in questi anni. Lui ha seminato e io raccoglierò, anzi noi raccoglieremo.
Voglio dire con la Vergine Maria, pieno di fiducia, le sue parole decisive: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Che anch’io, umilmente, confidando nella grazia di Dio, sull’esempio di Maria, impari ad essere un servitore umile e generoso.
Grazie, confido nella vostra preghiera.