Dopo Mattarella, Conte. In tempi di protocolli e di navigazioni ancora a vista, sembra quasi un cerimoniale non scritto ma essenziale, non obbligato ma assolutamente necessario quello seguito dai vescovi della nostra Metropolia di Benevento Accrocca, Aiello, Battaglia, Cascio, Melillo e l’abate di Montevergine Guariglia. La gravissima questione del ritardo dello sviluppo delle nostre “aree interne”, sottoposta al presidente del Consiglio Conte dai vescovi attraverso la lettera agli amministratori scritta l’anno scorso Mezzanotte del Mezzogiorno?, non voleva essere un piangere e lamentarsi, ma un voler sollecitare una decisa accelerata che non cedi alla rassegnazione, non volendo minimamente alzare bandiera bianca, non volendo minimamente accettare, inevitabilmente, una resa. In questo i vescovi, e non solo loro, si stanno dimostrando molto caparbi, in direzione ostinata e contraria, e non demordono. E’ una questione di responsabilità che deve coinvolgerci tutti, istituzioni in primis. E’ una scelta che deve continuare ad interrogarci su tutto ciò che non va, su tutti i corto circuiti esistenti sul disagio sociale, per fare in modo di lasciare le condizioni del nostro territorio un po’ migliori di come le stiamo vivendo adesso. Al di là della vicenda Covid che, purtroppo, alcuni aspetti sociali li ha finiti di deformare. All’annunciata morte di un territorio, dobbiamo contrapporre la vitalità di un sogno di rinascita e di ripresa. Un risveglio delle coscienze che parli esclusivamente la lingua dell’interesse comune di tutti e non di quello esclusivo di pochi. Un risveglio delle coscienze che parta da un’attenzione concreta su lavoro, esodo della popolazione dal proprio territorio (in particolare la ferita sempre più aperta dell’emorragia dei giovani che scappano dalle nostre zone per mancanza di lavoro) ed emarginazione sociale. Una risveglio delle coscienze che porti ad una piena consapevolezza della situazione, che nel suo complesso tra le persone ancora manca. Un risveglio delle coscienze che, prima della politica eletta, parta da ognuno di noi non solo nel momento di eleggerla, ma anche nell’impegnarci in prima persona rispetto alle tante situazioni difficili e di fatica che vediamo e che, spesso, viviamo sulla nostra pelle. Come essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo? La pastorale dei ponti sulla promozione umana e sociale ci coinvolge tutti. La crescita di un territorio può decollare solo a partire dalla volontà di dare considerazione e fiducia alla bellezza dei talenti che si hanno. Si nutre di desiderio una speranza che è più che mai viva. E qui, nonostante i tanti problemi che ci stritolano, ce n’è moltissima. E anche, se piegati a volte anche con disperazione mani sulla testa, i nostri sono luoghi di umanità bella che aspettano solo di essere accompagnati al largo verso un mare di opportunità, scoperti da occhi meravigliati, liberati da consuetudini, rassegnazioni e malaffare e aperti all’infinito di sogni da inseguire. L’unica direzione possibile per spostare le lancette un pò all’indietro, almeno a prima del tramonto per cercare il sole a mezzogiorno, ed evitare una desertificazione futura che, ai più, in questo momento appare inevitabile. Disegni di umanità colorati da chi vuole afferrare la luna e non si accontenta di guardarla da lontano.
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