Il gesto del samaritano è molto eloquente, richiama la capacità della Chiesa, attraverso i sacramenti, di farsi vicina a ciascun uomo.
È segno di una Chiesa che è madre accogliente perché concreta e storica, innamorata dell’umanità e per essa disposta a dare la vita.
(DALLA LETTERA PASTORALE DEL VESCOVO MIMMO “Coraggio. Alzati, ti chiama!)
“Tienimi su quando sto per cadere,
tu siediti qui, parlami ancora se non ho parole.
Io non te lo chiedo mai,
ma portami al mare, a ballare.
Non ti fidare,
sai quando ti dico che va tutto bene così.
E perdonami, sono forte, sì,
ma poi sono anche fragile.”
Dal samaritano in poi è come se si fossero modificate le coordinate del vivere umano. Quell’uomo a terra, aggredito e derubato, aveva perso ogni speranza. Quando il rumore di un cavallo preannunciava la buona notizia di un aiuto, di una mano tesa, quella di un samaritano che si lasciava toccare il cuore per farsi a lui vicino.
Un incontro che gli ha sconvolto i programmi. Ad un certo punto, dopo essere sceso dal cavallo delle sue comodità, dalle sue sicurezze e dalle sue prudenze e dopo averlo bendato, il samaritano usa due semplici risorse di pronto soccorso che aveva con sè: l’olio e il vino.
L’olio della consolazione e il vino della speranza. Sopra le ferite l’olio ammorbidisce e addolcisce il dolore, mentre il vino provoca bruciore e fastidio per prevenire un guaio ben peggiore. Da qui può avere inizio una terapia per una guarigione, che non parte da una diagnosi, ma da una presenza che deve farsi terapeutica. E la terapia è la conversione del proprio sguardo. Sono stati gli occhi dei volti incontrati oggi pomeriggio a Frasso, a Solopaca, a Telese Terme e a Puglianello a versare olio e vino sulle nostre fatiche, fragilità e sul nostro senso d’impotenza.
Olio e vino sono entrambi, ognuno con la propria particolarità, simbolo di fraternità e di speranza. Quella spiazzante del sorriso di Gessica che ha compiuto da poco 30 anni, quella che sprona Lorenzo nelle numerose difficoltà che sta vivendo, quella che dona ancora la forza per confortare la mamma di Rosa, quella di un pianto liberatorio d’incoraggiamento della mamma di Matteo, quella che abita i genitori e il fratello di Maria, 10 anni dopo il terremoto che colpì L’Aquila.
Quale olio della consolazione e vino della speranza noi possiamo versare sulle ferite di coloro che incontriamo? L’amore disarmante. Che può nascondersi, confondersi, ma non potrà perdersi mai. Potrai ritrovarlo sempre dalla stessa parte. L’amore vero, gratuito, disinteressato, non può cambiare e non avrà mai fine.