Assemblea diocesana Ac, “Dalla storia in poi, proseguiamo noi…” qui ed ora

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Avevamo iniziato l’anno associativo, oltre che con l’accompagnamento dell’assistente Giovani nazionale don Tony, con un primo sprono da parte del nostro don Mimmo, per il cui dono non finiremo mai di ringraziare il Signore: “Dalla forza dei sogni alla concretezza dei segni”, ricordate? Quella fu la conclusione della trilogia di un percorso che principalmente puntava a guardarci allo specchio come associazione, ad analizzarci ai raggi x, per aprirci a nuove prospettive, a guardare limiti e possibilità, difficoltà e potenzialità, per provare a toglierci la polvere del “s’è fatto sempre così” e l’alibi del “Che lo facciamo a fare nella nostra parrocchia o in questa nostra Diocesi, tanto non cambierà mai niente!” che, appunto, col tempo rischiano più di diventare pretesti per farci balbettare, per rimanere fermi, per non osare, per non sognare.

 

Concludiamo dunque l’anno associativo proprio con la presenza di don Mimmo, in un incontro18871140 10211748847310646 363140751 n chiesto da don Mimmo, che non mancherà sicuramente di riservarci il suo paterno incoraggiamento, la sua tenerezza, i suoi consigli. Non che finora ce li abbia fatti mancare, così come non c’ha mai fatto mancare in questi mesi le sue preziose sollecitazioni. Tante, quelle che c’ha donato ed affidato: risuonano ancora alla mente le sue parole alla Festa dell’Adesione quando ci disse di passare sempre di più da Azione Cattolica ad una Cattolicità Attiva. E ribadì il concetto alla nostra Assemblea Elettiva di gennaio quando ci disse: “Siate Chiesa viva, che resiste, perchè Ama! Esperti di cattolicità attiva, segno di cambiamento, di impegno e di speranza nei luoghi della vostra quotidianità!”. Più chiaro di così! Ma il punto è: è veramente chiaro chiaro per ognuno di noi? Nel senso che: una cosa è chiara non tanto quando la ascoltiamo, la leggiamo o la comprendiamo con la mente, ma quando la mettiamo in pratica con il cuore e quando la assimiliamo, la facciamo nostra, la viviamo con amore nella e sulla nostra pelle, nella vita di tutti i giorni, nelle situazioni di tutti i giorni, a partire (per esempio) da quello che, a prima vista, può essere un ordinario incontro con gli abitanti del proprio quartiere o della propria strada oppure alle singole problematiche, ai singoli bisogni e necessità che attanagliano i nostri paesi. E a questa domanda possiamo rispondere noi e solo noi, soltanto ognuno di noi singolarmente. Perché tutto parte sempre da noi stessi. Da noi stessi e dalla decisione di andare o meno, di ricercare o meno, di un prendere l’iniziativa, coinvolgersi e accompagnare o meno. Da un decidere, cioè, di provare ad operare tutto questo o da un decidere di non operare tutto questo. E dire di sì non è facile. Non diamo per scontato che lo sia poiché si tratta di lasciarci disturbare non da un dio lontano, ma dal Dio vicino, in mezzo a noi, tra di noi, accanto a noi: cioè dall’indifeso che ha subito un sopruso e grida giustizia, da chi si sente abbandonato ed ha bisogno di un abbraccio e di un consiglio, dal disoccupato che ha perso il posto di lavoro, dai giovani costretti a lasciare il nostro territorio per cercare lavoro, dal lavoratore che non arriva alla fine del mese, dalle famiglie ferite, dalle persone sofferenti, dalla cura del nostro territorio spesso violentato, eccetera eccetera. Tante sono le Ac parrocchiali che, in questi primi mesi di questo nuovo triennio, si sono date molto da fare, si sono spese in tal senso. Il cambiamento, sia per chi è già entrato nell’ottica di questo cammino e sta provando a sperimentarlo, sia per chi lo vorrà percorrere, anzi più che cambiamento la vera rivoluzione, è cambiare anzitutto noi stessi. Gaber in una canzone diceva: “Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione”. Mangiare e fare nostro un concetto che non sia separato dalla realtà significa metterlo in pratica. Significa accogliere fino in fondo e concretamente dentro di noi il profumo del Vangelo per cambiare con coraggio la nostra vita, il nostro modo di pensare e di agire, e di conseguenza significa contribuire anche al cambiamento del territorio nel quale viviamo. Perché se qualcosa cambia dentro di noi, qualcosa potrà cambiare anche intorno a noi. “Dipende da noi. Da noi e non dagli altri”, diceva don Primo Mazzolari.
Le nostre Ac parrocchiali, la nostra Ac diocesana s’inseriscono nella ricorrenza del centocinquantesimo compleanno dell’Azione Cattolica Italiana. E quindi s’inseriscono, in questo contesto, tutti gli inestimabili passi fatti e i numerosi semi di bene sparsi, tutte le gioie, le ricchezze e gli sforzi, ma anche tutte le difficoltà incontrate ed affrontate, tutte le volte che siamo inciampati, tutte le volte che ci siamo scoraggiati. Questa sera vogliamo affidare tutto questo, affinchè anche quelle nostre cadute possano sempre essere una nuova possibilità per rialzarci, affinchè da quello scoraggiamento e attraverso quello scoraggiamento possano nascere nuove opportunità per ricominciare, per ripartire, per costruire speranza. A partire proprio da quelle nostre cadute, da quei nostri errori e da quelli che riteniamo essere dei fallimenti possiamo aprirci a delle nuove possibilità. Perché aprirci a delle possibilità significa costruire speranza. Perché, in qualunque situazione ci troviamo, un primo passo è sempre possibile.

18816967 10211748846790633 907775102 n“DALLA STORIA IN POI…”. “Dalla storia in poi proseguiamo noi” è una delle espressioni del testo dell’inno per i 150 anni Ac e l’abbiamo scelta come titolo significativo di quest’Assemblea di fine anno. Abbiamo tutta l’intenzione quindi non solo di proseguire, ma di proseguire sul serio in tutti i luoghi in cui viviamo e nei luoghi che non conosciamo ancora, nelle piazze, per le strade, dappertutto. “Tra polvere e preghiera”, come dice sempre l’inno. Di proseguire, con mani protese, da operai di un sogno di Chiesa che lanciano semi di concreta speranza; da laici inquieti controcorrente sulle orme di Cristo in direzione ostinata e contraria verso gli ultimi, gli indifesi, gli abbandonati, i fragili; da testimoni che vogliono dare l’esempio, sforzandoci di assomigliare con coerenza alle parole che diciamo e in cui crediamo (cioè essere quello in cui diciamo di credere); da credenti credibili chiamati a prenderci cura di tutti, nessuno escluso; da artigiani della vita chiamati a generare processi di consapevolezza e partecipazione piuttosto che ad occupare solo formalmente degli spazi.
E per far sì che la nostra Ac incida nella realtà occorre anzitutto una cosa: crederci, fortissimamente crederci! Credere cioè che attraverso il nostro operare, che attraverso il nostro impegno, che attraverso la testimonianza e l’esempio è possibile un’Azione Cattolica incisiva nella storia di oggi, nei problemi del quotidiano, con proposte a misura della vita delle persone. Vogliamo abitare i luoghi della nostra quotidianità, prendendone parte, prendendoci cura e custodendo l’intero territorio e coloro che lo abitano, non cercando la comodità del quieto vivere e il conforto dell’abitudine, non da spettatori alla finestra ma da corresponsabili del bene comune, annunciando il Vangelo, e provando quindi ad essere credibili. Con la consapevolezza di poter anche sbagliare, ma provandoci sempre con la certezza che la speranza non delude mai, senza timori e preoccupazioni perché Lui è con noi. Senza la paura di fare il passo più lungo della gamba, di osare troppo; senza la paura di fare pochi passi; senza la paura di essere giudicati ed etichettati; senza la preoccupazione di non essere adatti, capaci e all’altezza (pur non sentendoci adatti, capaci e all’altezza) rispetto a quello per cui si è chiamati; senza la preoccupazione di essere in pochi e di non riuscire a coinvolgere; senza la preoccupazione di pensare alla quantità del raccolto. Senza arrenderci mai!

“…PROSEGUIAMO NOI”. “Dalla storia in poi proseguiamo noi” qui ed ora. Che posizioni vogliamo, quindi, prendere qui ed ora? Che responsabilità vogliamo assumerci qui ed ora? Di che impegno vogliamo caricarci a partire da adesso? Come, da questo momento, vogliamo essere “azione, amore che si muove”?
Prima però di questo impegno da assumerci per il futuro presente, abbiamo pensato di voler esprimere il nostro grazie per il dono del passato, per il dono di ciò che c’è stato dato. E l’occasione ci viene fornita proprio dalla ricorrenza dei 150 anni di vita della nostra associazione. Vogliamo esprimere gratitudine per aver ricevuto un dono in chi ci ha preceduto nelle responsabilità diocesane e nelle responsabilità parrocchiali. Perché se non ci fossero stati loro, ognuno di loro sicuramente con i loro pregi e i loro limiti così come tutti noi (di quelli presenti, di quelli assenti, di quelli che non ci sono più), se non avessimo conosciuto chi ci ha preceduto in queste responsabilità, non so non solo quanti di noi sarebbero qui oggi, ma anche di conseguenza non so se la nostra stessa Ac ci sarebbe ancora qui oggi.

IL DONO DELLA MEMORIA. Guai, però, se questo dono della memoria si traducesse in un vantarsi o si fermasse al ricordo o si riducesse soltanto ad un racconto. Fare memoria di tutto ciò, come c’ha detto papa Francesco riferendosi proprio ai 150 anni di storia della nostra Ac, non serve per camminare con gli occhi all’indietro o per guardarci allo specchio o per metterci comodi in poltrona. Esprimere gratitudine verso tutti i soci e gli assistenti che hanno costruito con tenacia e pazienza la nostra Ac, mattone su mattone, non serve neanche per un senso di nostalgia che, con le forti tracce di rimpianti, potrebbe lasciare un possibile conseguente scoraggiamento che potrebbe poi anche frenarci fino a bloccarci. No, no, il dovere della memoria serve per mantenere vivo un ricordo che sia da sprono, che possa darci una spinta, che ci dia l’esempio. Perché quello che siamo oggi sono i passi fatti fino a ieri, che ci sono stati donati. La forza della memoria è veramente tale se non si lascia abbattere di fronte agli ostacoli, se reagisce e se si fa dono da mettere in pratica, da imitare, da trasmettere, da non dimenticare. Se non la mettessimo in pratica, se non provassimo ad imitarla dando l’esempio, se la dimenticassimo, quella memoria che diciamo a parole di voler onorare, in realtà la stiamo offendendo, calpestando, perché ostenteremmo solo retorica, chiacchiere. Belle, anche ben infiocchettate e confezionate. Ma sempre chiacchiere resterebbero. Fare memoria, invece, è impegno concreto per il futuro a partire dal presente, a partire proprio da quel “qui ed ora”.

 

Giovanni Pio Marenna, presidente diocesano di Azione Cattolica *

* intervento all’Assemblea Ac di fine anno associativo 2016/2017 “Dalla storia in poi, proseguiamo noi…” di sabato 27 maggio 2017 a Frasso Telesino