I Giovani dell’Ac di Melizzano “alla riscoperta del passato e delle tradizioni”: prosegue il progetto per il recupero, la valorizzazione e il restauro delle opere d’arte della chiesa parrocchiale

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Cos’è il passato? Qualcuno direbbe che è qualcosa da lasciarsi alle spalle, un ostacolo che impedisce di guardare al futuro, ciò che si pone contro il progresso. Molti altri, tra cui noi giovani di AC, invece direbbero che è la base per costruire un avvenire solido, quel qualcosa da cui attingere insegnamenti, ciò che non andrebbe dimenticato, ma serbato nel cuore e nella mente. La storia di un paese è ciò che lo rende unico, le tradizioni tengono vivo il ricordo di quel che è stato. Questa sembra la base perfetta dalla quale partire per creare un progetto, un progetto dal titolo “Alla riscoperta del passato e delle tradizioni”, qualcosa di ambizioso, ma non impossibile da realizzare. “Alla riscoperta del passato e delle tradizioni” è figlio della determinazione, la fede e l’amore per il paese che nutriamo noi giovani appartenenti all’AC di Melizzano.

Un cammino che è iniziato nel periodo pasquale, durante il quale abbiamo acquistato una nuova corona per l’Addolorata, dato che in passato quella originale era stata trafugata. Dopo circa cinque mesi abbiamo capito che quella doveva essere solo la punta dell’iceberg, che sotto il pelo dell’acqua c’era molto altro ancora e che tutto ciò andava riportato in superficie. Sapevamo che la soffitta della chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo era ricca di oggetti che hanno contribuito a fare la storia del nostro paese ed eravamo determinati a farli rinascere, a dar loro vita nuova. Ci siamo recati sul posto e ci si è presentato davanti un mondo a noi sconosciuto fatto di dipinti, statue e tanto altro. Era un posto ricco di personaggi che non popolano più la nostra chiesa da tempo ormai: Santa Filomena, Santa Barbara, il Gesù morto, la Madonna del Rosario, San Vincenzo, due bellissime tele raffiguranti l’Immacolata e il Cuore Immacolato di Maria e un tabernacolo in cui veniva posto l’ostensorio nei momenti di Adorazione Eucaristica. Era arrivato il momento che queste opere tornassero a vedere la luce ed è proprio per questo che le abbiamo liberate dalla polvere e dal buio che riservava loro la soffitta. Questo però non bastava, volevamo saperne di più perché, si sa, il nostro passato siamo noi. Abbiamo scoperto, grazie all’aiuto di vari abitanti del paese, che la statua di Santa Barbara era circondata da un alone di interesse. Si dice che a Melizzano ci fosse una donna, nota tra la gente come “Zi Rusella e’ Carlino”, molto devota alla suddetta santa e che era solita dire che al momento della sua morte ci sarebbe stata una forte grandinata. Pare che ciò avvenne davvero: infatti nel periodo estivo, molto probabilmente in agosto, alla morte della donna, caddero pezzi di grandine di dimensioni notevoli, capaci di rompere persino delle finestre. La santa, infatti, è protettrice delle intemperie e di tutti coloro che per professione sono sottoposti a rischi di morte violenta e improvvisa, come gli artificieri, gli artiglieri, i minatori, i vigili del fuoco e la marina militare. La sua vita suscita molto interesse trattandosi di quella di una bellissima ragazza, figlia di un padre possessivo al punto da rinchiuderla in una torre, non in grado però di impedirle di fuggire, ed ucciderla a causa della sua fede cristiana. Della statua siamo riusciti a recuperare solo il capo, poiché il corpo è stato logorato dal tempo e dalle condizioni poco favorevoli alla sopravvivenza della cartapesta. Santa Filomena, invece, appare in buono stato sul davanti, ma non altrettanto sul retro. I simboli più ricorrenti nell’iconografia della santa sono tutti legati al martirio, quali il flagello, l’ancora, la freccia, la spada, la palma e il giglio fiorito. Si pensa che portasse il suddetto fiore o la palma nella mano destra, data la posizione delle dita, e che una corona di fiori le cingesse il capo, come, del resto, è solitamente rappresentata. Prima di essere posta in soffitta si trovava in una delle nicchie della navata destra accanto al quadro raffigurante la Madonna di Montevergine. Osservando l’opera da vicino si può notare, in maniera evidente, che la struttura sulla quale poggiano i piedi della santa è stata riverniciata, dato che si possono intravedere i segni della verniciatura precedente. Molto probabilmente anche l’abito della statua è stato soggetto allo stesso destino. La sua è la storia della figlia del re di Corfù, convertitosi al cristianesimo insieme a tutta la sua famiglia. Il sovrano, dopo essere entrato in guerra contro l’imperatore romano Diocleziano (regnante dal 284 al 305 d. C) si recò a Roma per trarre la pace, portando con sé la figlia. Sembra che Filomena fu oggetto delle attenzioni dell’imperatore che, per avergli resistito, dato il suo voto di castità fatto a soli 13 anni, fu condannata al martirio. Per ciò che concerne il Gesù morto, si sa che arrivò in paese negli anni ’40 e fu ricevuto dall’Ac locale con grandi festeggiamenti e tanta gioia. L’accoglienza si svolse a Torello e in tale occasione i partecipanti indossarono una corona di spine. Purtroppo tale opera, anch’essa di cartapesta come quelle di Santa Barbara e Santa Filomena, è stata rinvenuta acefala, infatti il capo è delicatamente appoggiato sul collo. La statua della Madonna del Rosario è quella che più di tutte è avvolta da un velo di mistero. In pochi se ne ricordano e tra questi alcuni rimembrano che provenisse da una cappella privata, dato che il paese presentava molte famiglie nobiliari e la maggior parte di queste ne possedeva una. Tra le persone più giovani c’è chi ricorda che tale statua si trovasse all’ingresso della chiesa madre, alcuni tra i più anziani affermano invece che inizialmente l’opera fosse posizionata dove attualmente è collocato San Pietro. A prova di ciò, al disopra della nicchia sopra citata, è presente una decorazione in stucco mariana, rappresentante la M di Maria sovrastata da una corona. Evidente è un puntale presente sulla mano sinistra della Madonna, la cui funzione era quella di sorreggere una statua del bambino Gesù, della quale, però, sono stati rinvenuti solo alcuni arti. Nonostante il pessimo stato di conservazione delle membra, dalla lunghezza di una gamba dell’opera si può evincere che si trovasse posto in piedi sulla mano della madre. Tra l’Ottocento e il Novecento il Vaticano mise in atto una vera e propria lotta contro le statue da vestire, cioè quelle in legno composte da un busto di manichino e una gabbia a forma di tronco di cono nella parte sottostante, come la Madonna del Rosario. Tale faida scaturì dal fatto che il clero dell’epoca pensava che l’atto di vestire le statue creasse un certo clima di intimità tra l’opera e la persona, cosa del tutto inaccettabile e troppo vicina ad alcuni riti del paganesimo. L’unica statua rinvenuta, ma non riportata alla luce, per il momento, perché troppo pesante, è il busto di San Vincenzo, completamente in legno. Tra le possibili spiegazioni dell’esistenza dell’opera ne emerge una che ipotizza l’appartenenza della statua alla famiglia Del Bene che, dopo la morte prematura della figlia neolaureata, di nome Vincenzina, decise di donare il proprio palazzo, ex istituto delle suore degli angeli, noto oggi con il nome di San Vincenzo, alla chiesa. Ognuna di queste opere venne segregata nella soffitta nel 1980 oppure posta in casa di privati, dopo il devastante terremoto dell’Irpinia, ed è rimasta lì fino ad oggi, eccezion fatta per il Gesù morto che lasciò la chiesa prima dell”80, forse perché rovinato e impensabile da restaurare, dato che la cultura del restauro è giunta a noi tempo dopo. Scampato il pericolo del terremoto vennero riposte in chiesa le statue più dignitose, lasciando in soffitta quelle che abbiamo ritrovato. Ultimo, ma non meno importante tra gli oggetti ritrovati, ricordiamo un tabernacolo per porre l’ostensorio durante l’Adorazione Eucaristica, somigliante molto ad un baldacchino. Il nostro paese, quindi, è ricco di storia, per molti magari anche sconosciuta, ma che è bene rendere nota.
Altro punto cardine del progetto “Alla riscoperta del passato e delle tradizioni” è sicuramente quello a noi più prossimo e cioè la festa in onore dell’Addolorata che si terrà dal 15 al 18 settembre. Tale iniziativa ha come obbiettivo quello di riproporre una processione che non tutti gli anni viene attuata per via di un altro dei bellissimi progetti che coinvolgono l’intero paese, quale la Via Crucis vivente. Conseguente a ciò è la rinascita delle statue sopracitate. Quella della Madonna del Rosario sarà restaurata e riportata in chiesa per prima. Speriamo di ricevere, per il restauro delle opere, un input da parte del paese tutto, e la collaborazione necessaria per ricercare le tradizioni e tenere in vita quel passato che fa tanto paura, ma che è necessario per il nostro paese e per il futuro di coloro che verranno, perché, come recitava un antico proverbio dei nativi americani, “Non ereditiamo la terra dai nostri avi; la prendiamo in prestito dai nostri figli. Nostro è il dovere di restituirgliela” e così con le sue tradizioni. Fra le informazioni riportate ce ne sono alcune di carattere certo, altre ipotetico ed infine altre probabilmente false. Ci impegneremo a ricercare quanto c’è di vero in ciò che è stato detto ed approfondire il tutto attraverso l’ausilio di ulteriori documenti.

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