Nella vita spesso viviamo tra l’eccitazione tipica di una novità e la monotonia che scaturisce dalla stabilità, dalla normalità del costruire qualcosa: una casa, una storia d’amore, un figlio, un lavoro, un progetto, un viaggio, un sogno. Attesa è eccitazione e fantasia. Costruire invece prevede una dose elevata di pazienza-misto-determinazione-passione affinché si possa raggiungere un obiettivo. E spesso questa seconda parte è difficile ed è proprio lì che capita di rinunciare. Per dirla con la canzone “Costuire” di Niccolò Fabi “…ma tra la partenza e il traguardo nel mezzo c’è tutto il resto”.
Costruire significa mettere in conto che ci saranno probabilmente degli intoppi, momenti di noia, che forse non tutto andrà come avevamo immaginato, attimi di gioia alternati a momenti di debolezza, giorni di sconforto e disillusione, giorni di soddisfazione. Sempre la canzone dice che “Costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”. La perfezione sta nell’imperfezione che caratterizza il costruire, nelle pieghe dell’esperienze che regalano sfumature e profondità a ciò che facciamo. Ricordi che creiamo e resteranno per sempre dentro di noi come piccole soddisfazioni. Ricordi in cui ci andremo a rifugiare nei momenti di nostalgia. Ancora nella canzone viene sottolineato “l’apprezzare la bellezza della normalità, l’importanza del giorno-dopo-giorno, la meraviglia del costruire. A scavare bene, si scopre che dietro a questo fare, a queste domande, alle paure e ai sogni che ci portiamo dentro, c’è un desiderio più grande: capire CHI SONO!!!
Scontato, banale, superficiale? Non credo!!! In tutto quello facciamo, cerchiamo di far venire fuori la nostra identità più vera: i nostri doni, le nostre capacità, ciò che gli altri dicono di noi, i nostri sogni, desideri, insieme ai nostri limiti, alle nostre debolezze, alle nostre fragilità, alle nostre ferite, tutto questo mettiamo in circolo ogni giorno, magari a volte in modo confuso.
“Chi sono”, primo gradino della nostra torre, diventa piano piano “chi voglio essere” e in chiave della nostra fede “chi sono chiamato ad essere”. Il cammino che avete percorso fino adesso non è che un mattone che si unisce a quelli che già avete dentro di voi e che sono il frutto della vostra storia personale: mattoni pieni e belli, mattoni forati, pezzi di mattoni, mattoni sporchi del sudore di qualche fatica, semplici pietre senza una forma definita, quasi tagliente che forse mi sembrano inutili e che invece possono decorare in modo originale la mia torre….tutto serve per costruire la “torre” che è la vostra vita.
Per noi cristiani, questo obiettivo si inserisce in un progetto che supera le nostre capacità e i nostri metri. Perché significa ENTRARE NEL PROGETTO DI DIO, entrare, scoprire il modo in cui Dio ha pensato alla mia vita, alla mia più piena realizzazione in Lui. Scoprire, per usare una parola tanto inflazionata e spesso non capita la mia vocazione, il mio modo unico e irripetibile di amare con tutta la mia persona. Trovare il modo in cui tutti i mattoni che ho possono essere valorizzati e io possa metterli a disposizione degli altri. Darsi una regola di vita diventa allora PRENDERSI CURA di alcuni aspetti fondamentali della propria vita, che possono “ordinare” e fare luce su tutto il resto: prendersi cura di me stesso, prendersi cura delle relazioni, prendersi cura della realtà in cui si è inseriti, prendersi cura del rapporto con il Signore.
Vittorino Onofrio, presidente diocesano di Azione Cattolica *
* intervento all’Assemblea-festa Ac di fine anno a Melizzano