Gesù,
sono in ginocchio su questo lembo di terra, tra gli ulivi.
Odo il canto degli uccelli ignari e scorgo il Tuo cielo là dove bacia il mare senza confini e da esso si lascia abbracciare. Un nuovo Getsemani, dove la paura trova rifugio nella pietà, dove l’amore è offuscato dal grido di sofferenza dell’uomo.
Intorno, il mondo è in una agghiacciante e inquieta immobilità interrotta dal suono impietoso delle sirene di frettolose ambulanze e risucchiato dal fragoroso silenzio fuori dal tempo, senza tempo.
Gesù, mio Signore
Ricordo quando ti vidi la prima volta. Ero in Gerusalemme, tra la folla che ti attendeva trepidante e che bramava per Te.
Ero lì, Gesù, attendevo anch’io il Messia, il Salvatore, il figlio di Dio, Colui che ci avrebbe liberato da ogni male.
Ti ricordi di me?
Ero lì anch’io con il tuo popolo e anch’io avevo in mano la palma intrecciata al mirto e al salice.
La calca era tanta e quando ti vidi, Gesù, cuore mio, la pace e il silenzio mi spalancarono gli occhi.
Uomo tra gli uomini, arrivasti su un puledro che ti portava con andamento fiero e sostenuto. Un umile puledro portava in Gerusalemme il figlio di Dio!
Eri vestito di povertà, lo ricordo bene, ma le tue mani erano integre, le vedo ancora: erano bianche, affusolate, sacre, come scolpite nel marmo più pregiato.
E da quella carne viva vidi uscire un rivolo di sangue; era il tuo sangue sparso sul capo degli uomini che da lì a poco come acqua di viva sorgente ci avrebbe purificati e salvati per sempre.
Gesù, quanto dolore nel tuo imminente futuro!
Dovrai vivere tutto il dolore che mi stai mostrando? Perché mi fai vedere tutto questo?
Mentre il canto anticipatorio di gloria si levava al cielo fino a rischiarare le tenebre.
Perché?
Solo dopo riuscii a guardarti negli occhi, quando mi avvicinai a te, tra la gente, tra il tuo popolo.
Gli angoli dei tuoi occhi senza fine bruciavano ancora delle accorate lacrime versate per Lazzaro, lacrime di tenerezza e pietà per Marta che sgorgavano come rivoli freschi, unificati alle lacrime per quell’uomo che ti avrebbe tradito, per Tua madre che con una spada nel petto avrebbe assistito impotente alla morte del Suo Unico Figlio, per i Tuoi amici e per i Tuoi avversari e per il futuro del Tuo popolo.
Non osai guardarti dritto negli occhi, sentivo che quello sguardo sarebbe stato impossibile reggerlo a lungo… era l’infinito a cui si anela di appartenere, di tenere e nutrire nella propria intimità.
Gesù, mio maestro
Eri già avanti e ti fermasti…Ti accorgesti anche di me!
Tornasti indietro camminando per la via lattea dell’umiltà.
Non conobbi, non conosco e non conoscerò quanto respirai lì, nel tuo venire indietro anche per me, tra la tua gente, il tuo popolo.
Fu nell’attimo in cui tutti alzammo la palma verso il cielo che scorsi i tuoi occhi e… nella loro interezza li vedo qua, oggi, in alto, disegnati in questo cielo pulito, scevro da inganni.
E mi guardasti! E scorsi e lessi… e piansi e piango con Te.
Mai prima avevo conosciuto il passato che mi rivelasti… paure, pestilenze e guerre, fragilità e la vulnerabilità dell’uomo disorientato, incredulo. Improvvisamente, l’eroe invincibile era diventato fragile e bisognoso di protezione.
E mi insegnasti allora l’essenza della compassione.
Toccai la luce della Tua Misericordia e non proferisti parola, non ne avevi bisogno, perché la spandevi proprio come le rose diffondono il loro intenso profumo nell’etere.
E l’aria intorno come ieri, come oggi, come domani odorava di Te, della Tua Resurrezione…
Gesù, mia forza
Ti soffermasti, ricordo, pur camminando per la via santa; ad ogni tuo passo, le braccia alzate e il sorriso della speranza, benedicendo i virgulti, uno a uno, presenti e assenti, ramoscelli vivi impressi nelle pietre dei tempi e della memoria.
Gesù, mia salvezza
Entrasti in Gerusalemme già spoglio… nudo.
Andasti incontro al tuo popolo incamminandoti verso il tuo sacrificio, che avevi già mostrato nel chiedere dell’acqua alla samaritana, oltrepassando confini di ogni sorta e nel lavare i piedi ai tuoi apostoli, suggellando il miracolo della spogliazione e della comunione con gli altri. Il vero miracolo della Pasqua.
Benedizione nella Benedizione… il tuo popolo del passato, del presente e del futuro in nome del Padre Tuo, del Suo Unico figlio e dello Spirito Santo.
Neanche il frastuono della folla che ti acclamava riuscì a coprire la tua voce, le tue parole, il canto intonato da Te per il Tuo popolo. Una melodia carica di malinconia perché vivi in te il passato, il presente e il futuro, ma anche traboccante di mille abbracci, di lacrime, di mille culle, di acerbe gioie e di immensa misericordia, la Tua Misericordia.
Gesù, mio Signore
Ricordo che nelle tue mani scorsi il futuro, il nostro oggi.
Mai prima di allora avevo visto nella sua irregolarità e pienezza il presente del Tuo popolo. Lessi nei tuoi occhi la pietà, la commozione e il grido di dolore degli uomini i cui volti erano attraversati da maschere bianche con la forza delle parole del testo sacro.
Vidi tanta gente che non poteva urlare, teneva il capo fra le mani.
L’orrore di quei carri di morte mi cinsero.
Tante anime, troppe! Ma Tu le prendevi per mano e, senza alcuna stanchezza, le cullavi.
Sentii la disperazione muta dei familiari
Vidi popoli interi che salivano sugli alberi per proteggersi
Assistetti agli Esodi di uomini erranti in cerca di rifugi sicuri
In un mondo che era andato troppo avanti e non si era mai fermato
Scorsi i bambini che piangevano ancora e ancora per la fame
Avvertii il silenzio che odo adesso in questo lembo di terra, sotto al cielo
Ti guardai da vicino… uomo puro tra i puri, il più povero tra i poveri.
Ancora Ti chiesi: Perché tutto questo?
E mi porgesti un ramo fresco della tua benedizione e mi sussurrasti: Io sono e sarò sempre con voi! Prendi il mio Amore e preservalo.
Gesù, nostra speranza
In ginocchio, io oggi, noi qui, in questo lembo di terra, in questo nuovo Getsemani
ognuno di noi è ramo d’ulivo
le nostre mani sono palme alzate e pronte ad accogliere la Tua benedizione
negli angoli bui, remoti, solinghi e dimenticati
dentro le corsie degli ospedali e nei reparti
nelle case di riposo
dai balconi
per i campi accarezzati dal vento
lungo le spiagge dei migranti
dalle navi che non approdano
in ogni cella delle carceri
In ginocchio, qui, in questo nuovo Getsemani, invoco la tua Benedizione affinché possiamo
spogliarci di ciò che siamo
spalancare la nostra Pasqua chiedendo con profonda umiltà che questo dolore passi, per raggiungere la tua fonte di Resurrezione
convertirci in umili mezzi, operatori del Tuo miracolo
levare le palme dell’accettazione e della sopportazione
accogliere l’umiltà del sacrificio per innalzare in ognuno di noi il nostro passaggio
innalzare i rami d’ulivo della condivisione e della solidarietà come promessa di andare incontro ai fratelli, specialmente ai più bisognosi
donarci vicendevolmente il senso profondo di questa domenica.
Gesù, eterna misericordia
Innalziamo i cuori e li costelliamo di Noi ulivi, mirti, salici e ci stringiamo l’uno all’altro con il cedro dell’unità, perché noi siamo la Tua Chiesa con un’unica maestosa e massiccia porta eternamente mai chiusa: distanti ma uniti con la forza della fede davanti ad essa leviamo in alto i nostri cuori, guardiamo il cielo, intoniamo un nuovo canto, ne abbiamo bisogno.
Gesù, respiro della vita, non abbandonarci!
Salvaci in questa Pasqua Santa
Rimargina le screpolature e le crepe della Tua Umanità
Cospargi di unguento la piaga che ci affligge
Sazia la nostra fame
Facci risorgere nell’anima, nello spirito e nel corpo
Donaci la Tua Benedizione
Tienici uniti nella fede e donaci la speranza che dopo un lungo viaggio per il deserto assolato possiamo approdare all’oasi della tua Misericordia e Consolazione per ristorarci.
Amen.
† don Mimmo, Vescovo