Care sorelle e fratelli, abbiamo bisogno di ascoltare la Parola di Dio e siamo chiamati a farlo nella realtà, di fronte a quello che succede, di fronte alle tragedie a cui assistiamo ogni giorno e che sembrano crescere davvero senza vedere soluzioni di pace, di fine della violenza e del conflitto. Ascoltare la parola di Dio vuol dire sollevare lo sguardo, vuol dire aprire il cuore e vuol dire farlo insieme, come comunità parrocchiale, come Chiesa diocesana. Non possiamo ignorare o restare indifferenti a tutto quello che avviene attorno. E la parola di Dio, anzi, ci invita a guardare in modo diverso, ad avere uno sguardo di speranza che non nega la preoccupazione per quello che c’è, per quello che si vede e quello che accade vicino e lontano, ma ci aiuta ad orientarci quando è difficile, sempre più difficile capire il mondo in cui viviamo. Ma questo non vuol dire che bisogna rassegnarsi e cedere all’angoscia; cedere all’angoscia è una tentazione che dobbiamo superare e che invece prende molto, e prende molto in questo tempo: paura, angoscia, preoccupazione, senso di non avere il futuro. Tutto questo è comprensibile perché sono tali e tante le brutte notizie che ci raggiungono di ora in ora , ma non è possibile ritirarsi in un angolo tranquillo, anche se la paura spinge a chiudersi, spinge a ritirarsi, spinge a pensare a se stessi, spinge a rassegnarsi. Il nostro pensiero, tra le tante notizie che meritano tutte le nostre attenzioni, va prima di tutto a Gaza. Proviamo orrore, troviamo sdegno, proviamo rabbia per quello che sta succedendo in questi giorni in quella piccola terra terrorizzata, distrutta, dove nessuna vita viene rispettata, nemmeno quella dei bambini, nemmeno quella dei malati, nemmeno quella degli anziani, nemmeno quella delle donne. Che fare . Cosa pensare. Tutti possiamo contribuire aiutando, ma soprattutto non smettendo di pregare per la pace. Una preghiera per dire BASTA alle sofferenza dei bambini, al dolore dei genitori, al dramma degli anziani , al dramma di un popolo costretto con la forza ad abbandonare tutto. Nuovo esodo biblico verso un futuro tutto da costruire.
La paura e l’angoscia non possono avere l’ultima parola. Noi vogliamo essere donne, uomini, giovani, adulti, anziani, liberi, attivi, generosi, costruttivi, anche per questo non dobbiamo lasciarci dominare dalla rassegnazione, dall’indifferenza. E fa impressione sentire tanti discorsi nella vita quotidiana di persone che sono stanche di queste notizie, come se la nostra stanchezza fosse il vero peso rispetto alla tragedia di chi subisce la violenza ,di chi si trova nella guerra . Nel Vangelo di Luca al capitolo quinto è scritto : “Mentre la folla faceva ressa attorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il Lago di Genesaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti, salì in una barca che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra, sedette e insegnava alle folle dalla barca”. Gesù è in mezzo alla folla, non la fugge, anzi Gesù è presente nelle situazioni comuni tra la gente comune, condivide le loro sofferenze, li ascolta e soprattutto parla, comunica la parola di Dio, la sua amicizia, guarisce e dà speranza. Gesù non è fuori dalla folla, ma è dentro la folla, potremmo dire dentro la difficoltà della vita ; non è sopra, lontano, distante, parla dentro la realtà. Gesù vede in ciascuno una domanda, un desiderio, un’aspettativa ; Gesù, vede in loro una voglia di futuro, una sofferenza e le sue parole toccano il cuore, tanto che si raduna attorno a lui una folla . Quanti attorno a noi desidererebbero avere parole buone . Quanti desidererebbero avere parole vere. Ma quelle che si sentono spesso sono parole aggressive, sono parole per difendersi, sono parole per prendere le distanze o sono parole vane. Quante discussioni vane dove ognuno parla sopra l’altro senza dire nulla.
“Stava presso il Lago di Genesaret”: ci troviamo in Palestina e proprio per questo abbiamo a cuore tutti quelli che in quella terra soffrono terribilmente, ingiustamente, crudelmente in questi giorni. Per poter parlare a tutti Gesù chiede a Simone che poi chiamerà Pietro di prendere la barca in modo che le persone possano vederlo. I pescatori erano scesi e lavavano le reti . Gesù non rivolge la sua parola a chi ha tempo libero, a chi non sa cosa fare, a chi non ha troppi impegni, Gesù chiede aiuto a coloro che stanno lavorando, proprio nel mezzo del loro lavoro .Ed è bello capire che la sua parola è rivolta proprio a persone indaffarate che non hanno tempo, alle quali sembra di non potersi fermare, le quali credono spesso di non avere uno spazio per poter ascoltare e riflettere. La paura, il senso di una vita affannata, l’angoscia, rende rassegnati, ma rende anche meno liberi. Non vogliamo farci ricattare dai ritmi della vita di ogni giorno. Non vogliamo farci dominare solo dalle preoccupazioni. Vogliamo guardare il futuro, lo vogliamo guardare con speranza, con generosità e con tanta amicizia . Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca. Gesù passa dal singolare al plurale, perché la chiamata è personale , ma va vissuta insieme. Il passaggio dal tu al voi, dal io al noi ;quando ci si ferma ad ascoltare la parola di Dio avviene questo, ci si libera dal dominio dell’io che l’ansia accresce, aumenta e si comincia a pensare e a pensarsi in un noi. “Prendi largo e gettate le reti, per la pesca” . La parola di Dio ci fa prendere il largo perché ci fa uscire dai pensieri chiusi, spaventati della vita quotidiana, ci fa prendere il largo perchè ci fa guardare lontano, senza paura, ci fa prendere il largo perché ci fa interessare ai poveri, ci fa prendere il largo perché ci fa scoprire fratelli e sorelle di tanti anche dei paesi in guerra .Ci sono subito le obiezioni, perché i discepoli sono persone comuni come noi. Simone che ha ascoltato, è generoso, ha predisposto la barca, subito risponde a Gesù e gli dice: “Signore abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. E’ così, accade spesso di vivere a volte situazioni frustranti, faticose, impegnative, spiacevoli. Abbiamo faticato tutta la notte: Il senso di una fatica che non ha reso nulla. Emerge in Pietro una preoccupazione, : tu hai ragione, io ho fiducia , mi piacciono le tue parole, io ti sono molto amico, ma la mia esperienza mi dice qualcosa di diverso, la mia esperienza mi porta ad essere sfiduciato, la mia esperienza mi porta a non rischiare cose che non conosco e a mettermi in situazioni che non controllo. Sfiducia, buona volontà, ma sfiducia che poi diventa facilmente diffidenza, tanto che non ci si fida più degli altri. Ma mentre dice questo , aggiunge: “ma sulla tua parola getterò le reti”. Pietro supera la paura della notte e si fida della parola che appare debole di fronte alla forza di un mondo violento. Quella debolezza portata al Signore si trasforma in una forza spirituale, una forza di umanità, una forza piena di speranza: “sulla tua parola” . Fecero così e “presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”. “SULLA TUA PAROLA”. Spesso ci fidiamo troppo della nostra esperienza e spesso diamo troppa importanza alle esperienze negative che abbiamo avuto. Ascoltando la parola di Dio , capiamo che è possibile cambiare le cose, che è possibile cambiare noi stessi, che è possibile compiere gesti nuovi e anche nella notte si possono trovare risposte e nella notte si può prendere il largo .
Che fare ? Che posso fare ? Non conto niente, non posso fare niente . Gesù scioglie tutto questo valorizzando ciascuno e valorizzando quello che ciascuno può fare. “Presero una quantità enorme di pesce e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca che venissero ad aiutarli”. Qua le risposta di fronte alla difficoltà, di fronte a una domanda troppo grande per le proprie energie ? Chiedere aiuto : Rivolgersi ad altri, fare insieme, lavorare insieme, essere insieme. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Una pesca sovrabbondante. La forza della fraternità, dell’amicizia, la forza dello stare insieme e la forza di ascoltare e mettere in pratica il Vangelo insieme. E quando si comunica il Vangelo si comincia a costruire insieme la pace, perché si comunica la pace al cuore, ai pensieri di ciascuno, perché già stare insieme è concordia, già stare insieme è fraternità, già stare insieme è ridurre il conflitto, la discussione, la distanza, l’indifferenza. Fecero cenno ai compagni dell’altra barca che venissero ad aiutarli. Quando si è amici basta un cenno. Un cenno, e se si moltiplicano questi cenni, se si moltiplicano le persone che raccolgono quell’invito allora l’aiuto diventa grande e comprendiamo meglio che, con la forza dell’amicizia, il mondo può cambiare . L’abbiamo constatato più volte: quanta solitudine anche nei nostri territori e in tutte le generazioni , ma noi , con le nostre comunità parrocchiali vogliamo essere una risposta per quelli che cercano di uscire dalla rassegnazione e dalla solitudine e vogliono guardare in modo diverso al futuro.
Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: “Signore, allontanati da me perché sono un peccatore”. Pietro si preoccupa : sono una persona comune, sono un peccatore, sono fragile, non sono degno di partecipare a quello che tu fai. Un senso di paura e un senso di indegnità di fronte a un cambiamento di prospettiva che non si aspettava. La parola di Dio suscita domande, ci interroga come Pietro che si sentì interrogato. Gesù disse a Simone. Ed è questo quello che noi dobbiamo ascoltare: “non temere d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Non temere. Il Vangelo quante volte dice non temere, non abbiate paura, Gesù lo dice tante volte, prima e dopo la resurrezione e la parola di Dio lo dice attraversando tutte le generazioni, non temere; non dobbiamo temere, perché la paura è una cattiva consigliera, perché la paura allontana dagli altri, perché la paura rende diffidenti perché la paura scava dei solchi, separa, fa prendere le distanze e fa vedere gli altri come ostili, addirittura, come nemici . Ed è impressionante vedere come in questi ultimi anni la cultura del nemico si è diffusa enormemente: si afferma la propria identità contrapponendosi a un nemico, a una persona nemica, a un popolo nemico e ne abbiamo viste le conseguenze: ognuno sa come questi anni di guerra abbiano accentuato, purtroppo tutto questo. Gesù dice : non temere, abbi fiducia . Viviamo nell’anno del Giubileo della speranza che Papa Francesco ha voluto proprio aprire con questa prospettiva, la prospettiva della speranza che è proprio quello che la parola di Dio dà. Vivere e dare la speranza, e questo vuol dire una cultura della speranza, vuol dire anche uno stile di speranza nella vita quotidiana. Quando non si ha speranza si sopravvive.
Gesù dà speranza a un povero pescatore che si riconosce limitato e fragile e gli dice : “D’ora in poi sarai pescatore di uomini”. E allora non è il tempo in cui tirare i remi in barca come molti vorrebbero fare; fa impressione sentire quest’idea, non vedo l’ora di andare in pensione, non vedo l’ora di andare in vacanza, d’accordo, ma e allora la vita? , il resto della vita? sembra che contano solo quei momenti in cui non ci sono difficoltà, ma no, la vita è tutta intera e la vita è un intreccio di gioia, di attesi, di sofferenze, di lavoro, di costruzione di fiducia; chi tira i remi in barca si intristisce e umilia la sua umanità, le sue energie, le sciupa, le spreca . Il Signore viene a dirci oggi di fronte a un mondo in fiamme, di fronte al disorientamento che attraversa i pensieri, il cuore di tanti, che c’è bisogno di comunicare il Vangelo della pace. C’è bisogno di comunicare il Vangelo dell’amicizia. C’è bisogno di comunicare il Vangelo della solidarietà con i poveri, c’è bisogno di Vangelo e noi, pur sentendoci inadeguati, possiamo farlo.
“E tirate le barche a terra, lasciarono tutto e la seguirono”. Sembra quasi una cosa istantanea, una cosa troppo rapida, come è possibile ? Lasciarono un vecchio modo di tirare le reti, lasciarono un vecchio modo di vivere, lasciarono vecchia abitudini, lasciarono la loro rassegnazione. Si lasciarono guidare e impararono a guidare.
Prendiamo il largo, il Signore ci accompagna, il Signore ci guida, il Signore protegge la Chiesa. e Leviamo al cielo una preghiera insistente perché la preghiera ha una forza storica di cambiamento e sappiamo che la preghiera può spostare le montagne. Insieme, personalmente, nei quartieri, nei luoghi di lavoro, perché la preghiera dà speranza, perché la preghiera comunica la parola di Dio, perché la preghiera può spostare le montagne di violenza e lasciare il posto, invece, al dono della pace. C’è tanto da fare in questo tempo. Non è tempo di tirare i remi in barca, ma di prendere, insieme, il largo.