In questo ultimo tratto di strada del tempo di avvento incontriamo Maria, la Madre di Gesù. Per Lei il Natale non è stato quello ormai scontato degli addobbi e delle vetrine a festa, di doni, e dell’agitazione che porta inquietudine. Per lei si è trattato di un Natale vero, ossia della nascita di un bambino che le stava cambiando tutta la vita. La parola presepe viene dal latino praesepium, che significa mangiatoia. Il cuore del presepe per quanto bello e grande possa essere è la mangiatoia dove sarà deposto un bambino. Un bambino che avrà quest’anno il volto di un bambino palestinese, di un bambino ucraino, di un bambino siriano, di ogni bambino la cui vita è minacciata dal grande male della guerra. Maria viene ad annunciarci questo Natale; viene ad annunciarlo in mezzo a noi con lo stesso amore con cui andò ad annunciarlo all’anziana cugina Elisabetta. Maria si è preparata al Natale accogliendo anzitutto la parola dell’angelo, ascoltando il Vangelo e avendo ascoltato dall’angelo che la cugina aveva bisogno di aiuto, lasciò Nazareth e corse ad aiutare Elisabetta. Non rimase a preparare il Natale per sé; andò da un’anziana donna bisognosa d’aiuto.
Due donne in cui la vita nuova che viene da Dio si mostra in tutta la sua potenza: una donna anziana e sterile ed una giovane vergine ci vengono a dire che la vita che viene da Dio è per tutti, anche per quelle vite per cui sembra impossibile una vita nuova.
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che Signore le ha detto; beata Maria perché ha creduto che le parole di Dio non sono vuote, astratte, disincarnate. Ecco qui c’è una cosa molto importante da capire: le parole di Dio non sono una cosa buona ma irreale. Molto spesso noi portiamo nel cuore le cose belle che Dio ci ha detto, ma la sfida è credere le parole realizzano quel che Dio ci ha detto Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. La vita nuova e bella non viene da me, ma dall’adempimento delle parole che ho ascoltato, è tutta grazia di Dio. E la nostra vita ha tanto bisogno di avere frutti, di dare frutto, di sentirci utili, che abbiamo prodotto un frutto benedetto. I frutti benedetti sono quelli che fanno felici gli altri.
Il Natale è la vita di Dio che irrompe nella vita degli uomini, e la sua presenza non è scontata.
Il Natale per tanti è diventato solo una tradizione senza né vita né gioia ma allora significa che il Vangelo ha parlato, ma non lo abbiamo ascoltato, che non stiamo vivendo il Natale di Maria, il Natale di Dio.
Maria dopo aver ascoltato l’annuncio del Natale dall’angelo capisce che deve aspettarsi cose nuove e grandi dalla sua vita. Sarà un tempo difficile? Sì, forse sarà difficile, ma pieno di gioia.
Il Natale si capisce a partire dalla Parola di Dio altrimenti lo cerchiamo dove non c’è e le vie di Dio non sono le nostre vie: da un villaggio così piccolo può venire una speranza così grande? Da un’esistenza umile, così giovane può venire una forza di liberazione così grande? Da un sogno piccolo, solo per sé, può nascere una visione che abbraccia il mondo intero? Una giovane come Maria può cambiare la storia del mondo?
Sì, l’angelo le aveva detto che da lei può nascere un mondo nuovo, e lo stesso viene a dire a noi, oggi, invitandoci ad aspettarci molto dalla nostra vita. Il Signore ha una grande fiducia in noi.
Maria, così giovane, riporta vita, fiducia, futuro dove tutto questo sembrava spento. Maria si fa pellegrina di speranza portando speranza e gioia alla anziana cugina.
Cari fratelli e care sorelle, questo è l’annuncio sconvolgente del Natale!
Anche dal villaggio umile e sperduto della nostra vita può nascere la forza di liberazione e di amore che cambia la vita nostra e di molti. Basta che “crediamo nell’adempimento”, cioè nella possibilità di realizzare in noi quello che la Parola d Dio viene ad annunciarci.
Da chi è giovane può sgorgare una fontana di amore per gli altri; le parole dei giovani possono guarire le ferite della solitudine; anche i giovani possono fare cose grandi, avere visioni grandi di bene e di salvezza di tutti, perché è Dio che viene a nascere in noi e la sua presenza fa nuove tutte le cose, a partire da me.
Dio viene come vita. Due donne, la vergine e la sterile, entrambe incinte ci dicono che da Dio viene ciò che l’uomo da solo non può darsi.
Dio viene come gioia. Dio dà gioia. Dio viene come abbraccio, nell’abbraccio di due donne, in uno spazio di affetto. L’abbraccio e l’affetto che siamo chiamati a vivere nelle nostre Comunità parrocchiali. Non si tratta di fare cose grandi semplicemente di offrire la nostra amicizia a chi è povero di affetti e legami.
Care sorelle e fratelli, il mondo non è condannato al buio. Una luce sta per venire e tutti potranno vederla. E’ la luce di Gesù e del suo Vangelo. Questa luce la vedremo sul volto di chi, anche nella solitudine di una casa, di un letto di ospedale, di una cella di un carcere, di un centro di accoglienza per migranti o nel chiuso di un istituto riceve la visita ed il saluto degli amici del Vangelo, dei fratelli e delle sorelle di Gesù, di chi sa fare del proprio cuore un “praesepium”.
+ Giuseppe, vescovo