DIO SI INCARNA ANCORA! – Lettera di Natale del Vescovo Mimmo, 25 dicembre 2018

23-12-2018

 

Il ricordo vivo di questi giorni, gli sguardi, le parole che infondono e chiedono speranza, gli abbracci che sembrano voler catturare e imprimere un senso, ridisegnano volti, vite, storie! Sono un canto nuovo che vuole abitare l’esistenza, aprire i confini, ripercorrere le vie di sempre innestando nel tempo la logica di Dio che continua ad attendere l’uomo, che continua ad amarlo senza misura scegliendo di scendere, uscire, entrare nella storia, lasciarsi riconoscere presente.

Muoversi in fretta verso la grotta: tutto me lo ricorda amplificando il rumore dei passi, il tepore degli abbracci, la gioia dei sorrisi. Si assottiglia l’attesa, si diradano le ombre della notte, dentro e fuori. Un’ansia antica del Natale sembra riemergere con la sua forza cristallina, nel sapore di storie passate, di parole lontane, di un sentire abitato dalla carezza di qualcuno, da una gioia povera e palpabile che penetra l’aria, il freddo e la nebbia. Un contrasto forte con il presente, con la sua denuncia di indifferenza, con le varie forme di ingiustizia sociale, di esclusione, con la debolezza della politica incapace di dare voce ai disagi e alle sofferenze dei più fragili, degli immigrati, dei senza lavoro. Il rischio di non arrivare puntuale alla grotta mi assale. Mi parla di un disagio più profondo: la paura di non avere accolto abbastanza, amato abbastanza, ascoltato abbastanza.

Rivedo le vie che oggi percorro e ritrovo i segni di quell’appuntamento che Dio nella mia vita continua a fissare e a dilatare sempre di più, aspettandomi nel grido di speranza dei miei giovani, nell’attesa degli ultimi, nel mio nome pronunciato da quei ragazzi “speciali” che mi hanno fatto scoprire un riflesso del Suo sguardo, l’inesauribilità della Sua gioia, la voce del Suo chiamarmi.

Gesù non nasce soltanto in una grotta, ma per strada, nella notte, su sentieri accidentati, montagne e colline non spianate, vie non raddrizzate. Dio non ha cercato un posto comodo e nemmeno un posto a caso, o vite perfette. Per questo lo ha accolto una grotta. Per questo lo hanno accolto Maria e Giuseppe.

Mentre la mia inquietudine misura il desiderio di raggiungere giovani, bambini malati, famiglie in difficoltà, anziani soli, mi rendo conto che le lunghe distanze percorse e da percorrere fisicamente, si fanno traccia visibile di distanze interiori, di stanchezze e ombre che appesantiscono il mio sentire e affievoliscono il mio vedere. Sono le distanze che mi separano dalla grotta e che devo percorrere per giungere in tempo. Dio si consegna nell’evento di un incontro gratuito, alla fragilità delle nostre mani e del nostro tempo, all’incompiutezza delle nostre storie personali, alle speranze deboli, ai fallimenti, alle delusioni, alle relazioni interrotte, alla fatica di riconoscerci fratelli. Si consegna nascendo quale Dio con noi, prossimo nella carne dell’esistenza, nella debolezza del corpo e del respiro, nella caducità del tempo. Debole, povero, indifeso, bambino. Questo fa l’amore e lo fa senza misura: nasce e si consegna!

Come il sorriso di un bambino immobilizzato su una sedia: quel sorriso nasce e rinasce dalla gioia di un incontro, e si consegna sempre del tutto, sempre nuovamente.

Come la carezza di un compagno che si sente suo fratello, che lo osserva e lo accoglie nel fondo del cuore, dove la parola non arriva, arriva solo la luce che entra negli occhi attraverso lo sguardo benevolente dell’altro.

Come l’amore impensabile di un uomo e una donna che diventano padre e madre.

Come la forza donata nella caduta e nel fallimento che si fa capacità di rimettersi in piedi avendo cura del bene che è concretamente possibile fare qui e ora.

Questo fa l’amore: nasce e riveste di luce, ridona la speranza a te e al mondo! Riveste di misericordia le notti del cuore e dello spirito, dona una casa, calore, presenza, dona segni di luce flebile che permettono di alzare il capo e riconoscere la scia luminosa del passaggio della stella.

Mi piace pensare che Dio oggi attende ancora una carezza da queste nostre mani, con la delicatezza del nostro accogliere, restare, adorare. Mi piace pensare che l’abbia ricevuta in questi giorni quando, prendendo in braccio un bambino, mi sono sentito a mia volta preso in braccio, amato, accolto.

Ho bisogno… abbiamo bisogno di rimetterci in cammino verso la grotta.

Si mette in cammino chi ha visto sorgere la stella del Dio con noi! Si mettono in cammino i magi e anche i pastori. Impressionante! Si mettono in cammino i sapienti e i poveri! Chi cerca di leggere nella realtà i segni di una presenza, di una promessa, e chi è visitato da Dio, avvolto nella luce della sua Parola, nella notte della sua veglia, nella propria condizione di isolato, emarginato, etichettato.

Come può accadere questo miracolo del movimento, del cammino in avanti, verso la grotta? Come può accadere che cercando la verità e la giustizia si stia cercando Dio, il Dio Bambino, il Dio con noi?

I magi vengono da oriente, perché è quello il luogo verso cui la notte spinge per guardare e riconoscere le prime luci che si levano a illuminare il buio. I pastori hanno addosso l’odore della notte che è diventata luogo del primo annuncio. Essi conoscono la lingua delle stelle, la notte per loro ha accolto la parola di liberazione dal cielo.

Allora comprendo la mia paura di non arrivare in tempo a quella grotta, quella grotta che continua a essere il grido dell’umanità in attesa, che continua a essere luogo di contemplazione, di adorazione, di ristoro e riposo, luogo in cui misericordia e verità si incontrano, giustizia e pace di baciano. Mimmo, non ti spaventa l’arrivare tardi, ti spaventa l’arrivare solo. Benedici questa tua notte Mimmo, perché è la notte di Dio che si è fatto piccolo, debole e povero per non restare solo! Arriveremo in tempo solo se arriveremo insieme! Sento rinascere la gioia, la speranza, un balzo mi rimette in piedi: è questa la via per arrivare alla grotta, è questa la via per arrivare puntuali!

Quel Bambino nasce davvero e nasce per tutti. Così Dio semina luce, raccoglie pace, e prepara ancora vie di condivisione sulla terra. La grotta attende tutti.

Mi fermo e raccolgo ogni storia, ne ricordo un passaggio, la lego a me, ne faccio memoria. Benedico le montagne, le colline da abbassare, i sentieri da raddrizzare. Benedico la vostra vita tutta, il vostro passato e il vostro presente, le vostre crisi e le vostre speranze. Benedico le distanze che devo ancora percorrere, le stanchezze di dentro che mi separano ancora e sempre da quella grotta. Comprendo che il Signore nasce proprio in esse, nelle delusioni, nel fallimento, e riveste di luce quei momenti. Comprendo che il Signore s’incarna ancora, viene ancora in questa storia. Comprendo che la sua Parola diventa luce, vita, riconoscimento dei più deboli, gioia, nutrimento, distanza e vicinanza, assenza e presenza… diventa carne… sempre… quando mi lascio rialzare, visitare, incontrare, ascoltare, accogliere, nel mio desiderio di amare.

Dio nasce nel buio di una notte, nelle difficoltà del camminare insieme, nelle insoddisfazioni di un cuore inquieto che continua a cercare, anche nella morte e nell’assenza. Dio nasce e si lascia trovare, si lascia riconoscere nel volto di un bambino, nei segni della vita e dell’eterno.

È il buio dei dubbi e delle tribolazioni che ci conduce alla luce, è il buio di una crisi che ci riporta in noi stessi, che ci consegna alla vita. È il buio che sveglia e prepara all’attesa, è il buio che permette di vedere spiragli di luce.

Insieme a Pietro possiamo dire anche noi: Signore, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti! Sì, ciascuno di noi è chiamato a farlo.

E il Verbo si fa ancora carne e viene ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo visto sorgere la sua luce!

Il tuo dolore è fecondo, il tuo vuoto non è inutile, la tua notte è benedetta! Benedicila anche tu! Benedicila con me! Vieni a quella grotta. Inginocchiati, lasciati amare, lasciati dire che tu puoi avere cura… che tu già ami! Lasciati attraversare dal grido della vita, lasciati attraversare dalla speranza del cambiamento. L’eterno si è fatto Bambino! Ora è il tempo favorevole, ora è la salvezza. In quella notte santa tutto può diventare eterno perché un Dio si è fatto Bambino, tutto è nuovo perché Dio continua a rivelarsi nella notte del cuore, delle sofferenze, della paura, del fallimento, della morte.

Buon Natale … è l’augurio di sempre ma con sapore nuovo… il sapore dell’inizio di una condivisione reale di passi, gioie, difficoltà, sofferenze; intreccio di storie, desideri, speranze, fame e sete di luce, di giustizia, di rispetto, di calore. Dio si incarna ancora e consegna la sua speranza al mondo, il suo sogno: nel cuore dell’uomo ci sia sempre posto per l’altro, un posto in più, per qualcuno desiderato, per un ospite inatteso! Ci sia posto per un Dio che continua ad amare e a credere nell’uomo, in noi, uomini e donne del nostro tempo!

† don Mimmo, vostro Vescovo