Meditazione sul tempo presente del vescovo Giuseppe – Gennaio 2025

20-01-2025

Viviamo in una stagione complessa  e il Natale appena trascorso non può essere la bella parentesi per poi tornare alla vita di prima, all’angoscia per un futuro di cui non vediamo i confini.

Oggi siamo troppo schiavi del presente, di quello che vediamo, perché tutto sembra girare attorno a noi stessi, al nostro mondo, al nostro ambiente, ai nostri problemi, alle nostre lamentele, alle nostre difficoltà o alle nostre soddisfazioni. Ma noi facciamo parte di una storia. Di una storia che ha radici lontane. Una storia fatta di impegno, di speranze, vissute dalle generazioni che ci hanno preceduto e dalle quali abbiamo ricevuto anche lo stesso Vangelo del Signore.

La Parola di Dio parla nella storia e non ignora le difficoltà anzi, al contrario, parla nella storia proprio per sanare le ferite e per aprire le vie di pace indispensabili in questo tempo.

“dirigere i nostri passi sulla via della pace”: Sono le parole di Zaccaria, l’anziano padre di Giovanni Battista, che non sperava più di avere un figlio perché lui e sua moglie erano vecchi. Così dice Luca 1,67: “Zaccaria profetò dicendo – profetò, cioè parlò aprendo al futuro – Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo”. Il Natale è la visita del Signore alle donne e agli uomini di ogni tempo. Benedetto perché continua a visitarci.

Come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti di un tempo, salvezza dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano”.

Salvezza dai nostri nemici. Non perché li sconfigge con la violenza. Infatti, poi dice: Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace.”.

Questi sembrano i tempi solo delle tenebre e dell’ombra. Un sole che sorge? Ma il sole ogni giorno è sempre più oscurato da tante nebbie di disumanità, di indifferenza, di corruzione. La misericordia del nostro Dio ci ha visitato con un sole che sorge dall’alto, Gesù,  per risplendere proprio su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Cari amici, è una decisione. A volte si vuole cambiare, ma non si prende la decisione di farlo. Si rimanda, si aspetta il momento opportuno. Di fronte all’incoraggiamento del Vangelo è possibile farlo, ma è necessario farlo insieme. Possiamo cambiare la storia? Non è una illusione?

Siamo irrilevanti, siamo piccoli, siamo troppo giovani o troppo anziani abbiamo difficoltà a fare qualcosa di efficace! Ma il futuro del mondo, per il Vangelo, non dipende solo dai potenti, dai grandi, dai forti, da quelli che hanno mezzi economici o che governano le comunicazioni. Il futuro del mondo dipende, così dice il Vangelo, dalle persone comuni, dai giovani, dagli anziani, da quelli che sono in difficoltà.

Allora l’angelo disse a Giuseppe – leggiamo nel Vangelo di Matteo -: non temere di prendere con te Maria tua sposa; infatti, il bambino generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Non temere, dice l’angelo, di prendere con te Maria tua sposa.

Il Natale, la novità nella storia degli uomini, avviene quando la Parola di Dio è ascoltata e messa in pratica. Noi possiamo accoglierla o rifiutarla, la Parola di Dio lascia liberi. Maria e Giuseppe l’hanno ascoltata. Ognuno è libero di fare la propria scelta, ma bisogna averne consapevolezza, sì o no. Solo con l’ascolto, però, si può fare in modo che il Natale non sia soltanto un momento, ma sia quella proposta per la nostra società che può cambiare le cose.

Non temere. Abbiamo bisogno oggi di queste parole, ne hanno bisogno in Ucraina, in Siria, in tanti posti del mondo. Non temere è il messaggio per il nostro tempo segnato dall’individualismo, dall’incertezza del lavoro, della salute, del futuro e persino da minacce di guerra nucleare, che sono tornate in questi ultimi anni. Non temere di prendere con te Maria e il bambino. È un invito a non lasciarci sopraffare dalla paura e dal senso di irrilevanza. È vero, ci sentiamo irrilevanti, ma lo diventiamo davvero solo se scegliamo di esserlo, se non comprendiamo che il futuro è anche nelle nostre mani. Ognuno può fare qualcosa, continuare a prendersi cura del bambino, continuare a farlo crescere. Ognuno può prendersi cura della vita fragile e debole.  Come fecero Maria e Giuseppe, che fuggirono in Egitto per proteggerlo dalla violenza di Erode e gli permisero di crescere, dice Luca, in sapienza, età e grazia.

Prendersi cura. Prendersi cura vuol dire avere senso materno e paterno. Vuol dire pensare a quello che ancora non c’è e costruirlo, sapendo che dipende anche dal proprio impegno e dalla propria volontà. È l’invito a non temere di stringere nuovi legami, di aprire il cuore, di mettersi in cammino come Pellegrini di Speranza, perché il legame umano e spirituale che propone il Vangelo ci permette di essere felici, mettendo in pratica l’amore gratuito.

L’angelo del Vangelo dice a ciascuno: non tirarti indietro. Ascolta, apri il cuore e avrai una forza spirituale che trasforma la tua fragilità in una forza di amore.

Abbiamo dimenticato che abbiamo una forza interiore. È tutto puntato sulla forza fisica, sull’essere atletici, sull’apparire, sul fatto di essere disinvolti, spontanei, immediati, pronti. Ci sono molte persone che, non riuscendo a raggiungere quegli obiettivi che sembrerebbero importanti per essere uguali agli altri, si deprimono, si abbattono, perdono il senso della loro identità, si ammalano di rassegnazione.

Prendere sul serio il Vangelo vuol dire ascoltarlo e poi prendersi cura degli altri; dei propri cari, certamente, ma anche di quelli che hanno bisogno. Avere cura di chi non ha famiglia, chi è profugo, povero, anziano, malato, disprezzato, bambino e così via. Quanti minori attendono una famiglia che si prenda cura di loro. Quando la scelta di cuore è fatta insieme diventa potente.

Un mondo diverso dipende da noi e Lui dirige i nostri passi. E allora tre sono le parole che dobbiamo fare nostre: ascoltare la Parola di Dio, prenderci cura di chi ha bisogno e far crescere la generosità insieme agli altri, per sentirci di più sorelle e fratelli, liberare il mondo dalla ingiustizia e costruire la pace.

Marco Polo, di cui si è parlato tanto perché c’è il centenario, nel Milione racconta una cosa appresa in Oriente, una storia che ha un senso spirituale, perché nel suo viaggio percorre in pratica almeno una parte della via dei Magi. E che cosa riferisce? I Magi, che arrivano da lontano. quando sono davanti alla casa, decidono: entriamo uno per volta. Il primo entrò, cercò il bambino, non c’era il bambino. Uscì deluso: ma come? Abbiamo fatto tutta questa strada, la stella non ci ha portato sulla strada giusta! Entra il secondo, cerca il bambino e non lo vede. E così il terzo. Si mettono a parlare insieme e dicono: ma come è possibile? Non è possibile che la stella abbia sbagliato! Allora, però, riflettendo capiscono: non erano entrati insieme. Infatti, quando entrano insieme riconoscono il bambino, lo vedono, gioiscono, fanno festa. Perché solo insieme si realizza il Natale. Una storia? Una favola? Ma tutto può essere interpretato come si vuole, ma c’è un messaggio profondo ed è un messaggio evangelico. Solo insieme possiamo vedere il bambino di Betlemme. Solo insieme possiamo nutrire la nostra speranza. Solo insieme possiamo costruire la pace.

Insieme possiamo far molto e soprattutto possiamo farlo quando siamo uniti nella preghiera. E chi non sa pregare lasci pregare gli altri, perché il Signore ascolta anche i pensieri.                          Preghiamo perché la tregua finalmente arrivata a Gaza diventi duratura.                                                                                      Papa Francesco non smette di rivolgere appelli di pace in ogni direzione. Rispondiamo a questo appello, è l’appello del Vangelo. È l’augurio di un futuro di pace e giustizia per noi e per tutti.

+ Giuseppe, vescovo