Assemblea Generale CEI: Appello per la pace

Appello per la pace

Noi, Pastori della Chiesa italiana, riuniti nella città di san Francesco, uomo di pace, auspi-
chiamo che all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di
una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili. Desideriamo rivolgerci, in particolar modo, a quanti
hanno in mano le sorti dei popoli, sull’esempio del Santo di Assisi, che «a tutti i podestà e ai consoli,
ai giudici e ai reggitori di ogni parte del mondo» scrisse una lettera ferma e franca, chiedendo di non
«dimenticare il Signore né deviare dai suoi comandamenti». Quanti lo fanno, saranno infatti rigetta-
ti dal Signore, «e quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere
saranno loro tolte. E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo, tanto maggiori
tormenti patiranno nell’inferno» (Lettera ai reggitori dei popoli).
Tutti, infatti, dovremo comparire davanti al tribunale di Cristo (Rm 14,10; 2Cor 5,10) per
render conto delle nostre azioni e quanto maggiori saranno state le responsabilità sulle spalle – lo
diciamo con tremore, pensando alle nostre – tanto maggiore sarà il rischio nel giorno del giudizio.
Non possiamo qui – e non vogliamo! – neppure dimenticare che, sessant’anni fa, san Paolo
VI, parlando all’ONU, rivolse un monito pieno «di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri,
non più, non mai!», ricordando che il fine della nobile Istituzione è quello di agire «contro la guerra
e per la pace»: «Basta ricordare – proseguiva il Pontefice – che il sangue di milioni di uomini e innu-
merevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con
un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra!
La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!».
Perché ciò si concretizzi, ieri come oggi, c’è bisogno di una conversione vera, di un cambia-
mento profondo di mentalità, che parta dalla convinzione che Dio ha dato a tutti, non solo ad alcu-
ni, le ricchezze della terra. Per questo, il Concilio Vaticano II invitava tutti gli uomini, «sia singoli
che autorità pubbliche, affinché – memori della sentenza dei padri: “Nutri colui che è moribondo
per fame, perché se non l’hai nutrito, l’hai ucciso” – realmente» mettessero a disposizione e impie-
gassero «utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie risorse, specialmente fornendo ai sin-
goli e ai popoli i mezzi con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi» (Gaudium et spes, 69).
Bisogno di conversione, dunque! E per questo tornano ancora attuali le parole di san Fran-
cesco, tante volte espresse nei suoi scritti, di fare penitenza, cioè di convertirsi realmente, di vedere
uomini e cose con gli occhi di Dio, di fare nostri i suoi criteri di valore e di giudizio. È quanto oggi,
sulla tomba del Santo, chiediamo umilmente a tutti e in primo luogo a noi stessi, Vescovi delle
Chiese in Italia. Con voce accorata, in nome del principe della pace (Is 9,5) supplichiamo quanti
governano i popoli, perché – messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche – impiegh-
ino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è
nel mondo. Allora, sì, il Dio della pace sarà noi (Rm 15,32; Fil 4,9).

Assisi, 19 novembre 2025

Conferenza Episcopale Italiana

Allegato: CEI – Appello Pace 2025 – Assisi