Un capannone, un lungo banco di lavoro, macchinari e attrezzi dovunque, un nastro trasportatore e molto altro. Sembra un luogo di lavoro come gli altri, la location scelta dall’Azione Cattolica diocesana per l’Assemblea d’inizio anno associativo, moderata dal presidente diocesano Giovanni Pio Marenna, che apre anche le danze ai rinnovi elettivi dei Consigli parrocchiali di Ac. In realtà non lo è. Il centro RAEE di Melizzano è una ex cava per l’estrazione di inerti fluviali, confiscata a un esponente della criminalità organizzata, alla camorra ed oggi, tra mille difficoltà burocratiche e criticità gestionali, riutilizzato socialmente dalla cooperativa sociale Sant’Alfonso e pienamente sostenuto dal comune di Melizzano. E’, tra l’altro, notizia proprio di qualche giorno fa quella di una convenzione con la Provincia di Benevento per la consegna e il conferimento dei rifiuti speciali elettrici ed elettronici.
Una scelta simbolica di un luogo-segno, quella dell’Ac diocesana, per uno spazio sottratto alla criminalità e restituito alla comunità. Ma anche un luogo che, in un certo senso, richiama al Vangelo dell’anno, quello sulle 6 opere di misericordia. Infatti l’avevo fame, l’avevo sete, ero straniero, malato, nudo e in carcere non sono richieste che riguardano solo bisogni concreti nei luoghi dove abitiamo, bisogni concreti di fraternità che vanno spiegati con gesti concreti. Ma sono richieste che riguardano anche tante fami e seti interiori rispetto alle varie situazioni che viviamo e che incontriamo. Come, per esempio, la fame di giustizia sociale in un territorio martoriato come il nostro, da questo punto di vista. E proprio sul brano di Vangelo s’è focalizzata la riflessione di don Marco Ghiazza, assistente centrale Acr, il quale ha fatto immergere i presenti nel passo, affermando che è un passo “che ci aiuta a ripensare lo sguardo sulla povertà e sulla santità. Gesù ci fa incontrare quel povero per aiutarci a scoprire le nostre povertà. Tutti abbiamo bisogno di tutti, di riconciliarci con le nostre povertà. Mentre stai aiutando un povero, ti accorgi che è lui che aiuta te. Ripensa alle occasioni della vita che Dio ti sta affidando per metterti in gioco. Ma io – s’interroga don Marco – oggi come ho abitato la vita, come mi sono messo in gioco?”. Ha focalizzato l’attenzione su due punti, nelle sue conclusioni, il vescovo diocesano don Mimmo Battaglia: il primo sul tornare alla radicalità del Vangelo nelle scelte che facciamo da credenti; il secondo sul valore di libertà e fragilità. “Abbiamo necessità di abitare i volti. Io sono cambiato tramite i volti che ho incontrato e che incontro quotidianamente. Dobbiamo poter dire: il tuo volto, fratello, io cerco! Per poterlo dire e fare, abbiamo bisogno di tornare alla radicalità del Vangelo, cioè dobbiamo liberare il Vangelo dalle nostre prigioni di paura, di convenzioni e di convenienze, dalle nostre prigioni di schemi mentali e di maschere. Dobbiamo liberarci da un cristianesimo borghese fatto solo di consuetudini e di apparenze. Solo così potremo compiere gesti concreti di speranza verso i nostri fratelli”. E sull’espressione di Gesù “Ero straniero e m’avete accolto”, il vescovo Battaglia sottolinea che “la povertà è figlia della guerra e pure davanti a quelli che scappano dalla guerra, e bussano alle porte del nostro Mediterraneo, c’è chi alza i muri e lo fa nel nome del Vangelo. Ma quale Vangelo, mi chiedo io? Sarà un’altra edizione. Io conosco quella di 2000 anni fa e non mi risulta che sia cambiata”. In apertura di Assemblea gli interventi del sindaco di Melizzano Rossano Insogna, che ha raccontato la storia del bene confiscato, e del coordinatore del Presidio di Libera Valle Caudina e Valle Telesina “Delcogliano-Iermano” Marco Natale, che ha sottolineato come sia importante l’impegno da cittadini attivi che educano alla legalità e da credenti che vogliono testimoniarla. Segno, anche questo, di una presenza concreta e costante sul territorio per non far abbassare l’attenzione sul tema dei beni confiscati alla criminalità.