Azione Cattolica, all’Assemblea d’inizio anno il presidente nazionale Matteo Truffelli e il vescovo don Mimmo ricordano che “di una cosa sola c’è bisogno” per essere un’associazione incarnata nel proprio territorio

Il presidente Truffelli: “Non bisogna perdere di vista la formazione permanente, che ci accompagna ad ogni stagione della vita”. Il vescovo Battaglia: “Ascoltare non è solo sentire le parole, ma entrare nel cuore di una persona".

Un’Assemblea d’inizio anno particolarmente partecipata quella dell’Azione Cattolica diocesana, che vedeva come relatore il presidente nazionale Matteo Truffelli. Location: l’Abbazia Benedettina di San Salvatore Telesino, per la quale hanno fatto da cicerone a Truffelli i giovani della locale Ac. Partendo dall’icona biblica dell’anno (il brano di Vangelo dell’incontro con Marta e Maria), con Gesù che ricorda a Marta che “di una cosa sola c’è bisogno”, filo conduttore dell’intero incontro, i 3 settori (Adulti, Giovani e Acr), il Movimento Studenti e il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale hanno scelto 5 tematiche associative e sociali per portare a riflettere sul fatto che per accogliere l’invito a prendere l’iniziativa e a farsi prossimi, per accompagnare i passaggi dell’esistenza di ciascuno c’è bisogno di una sola cosa: ascoltare e tradurre in vita la Sua Parola, occuparsi e non preoccuparsi per lasciare spazio all’ascolto e all’accoglienza dell’altro. Prima della domanda, ogni settore presentava il proprio orologio, raffigurante il tempo che, attualmente, si sta vivendo. Sull’impegno in prima linea per la costruzione di una buona politica, da credenti inquieti, Truffelli ha detto che bisogna assumersi “la consapevolezza che il cambiare della storia richiede di cambiare le priorità dell’associazione, di ricalibrare le modalità con cui ci prendiamo cura delle situazioni sociali, economiche o politiche del nostro tempo, a partire dal livello territoriale”. Un impegno formativo che deve saper sviluppare un pensiero critico, un impegno formativo radicato nella scelta religiosa e nella ricerca della radicalità evangelica. “L’obiettivo è quello di essere un’associazione incarnata sempre più nella vita, nel tempo che vive, nel territorio, nella Chiesa diocesana e locale, prendendosi cura, nella responsabilità, di generare processi, di accogliere le domande delle persone che ci sono state affidate, delle questioni sociali, dell’impegno per il bene comune, del costruire alleanze buone. L’Italia sta perdendo la capacità di partire da quello che ci unisce e non da quello che ci divide”.

Ai giovani che chiedevano un chiarimento circa il come vivere la propria identità associativa e di credenti, il presidente nazionale ha risposto che “l’Ac nasce dalla passione e dal coraggio di due giovani, e da allora cerca di rendere i giovani protagonisti. Oggi occorre aiutare i giovani a prendere consapevolezza che non è sempre vero quello che gli viene detto, che sono “il futuro di…”. È oggi, nel presente, che devono esercitare la loro responsabilità nei confronti della loro vita, della loro terra, del loro tempo…”. Il Msac non poteva non chiedere di cosa ci sia bisogno per far riconoscere l’immenso ruolo che ha la scuola sul prendersi cura, sull’avere attenzione, sul partecipare. Truffelli ha calciato la palla nella metà campo dei giovanissimi, evidenziando il fatto che gli adulti sono responsabili della loro formazione. “Tocca a voi abitare la scuola, farne un luogo di esperienza straordinaria, di bellezza, di testimonianza della gioia. In ogni giornata, con ogni studente, in quei corridoi che sono il luogo principale di incontro”. E a scuola si studia! Si diventa consapevoli di esercitare un pensiero critico!”. L’ultima sollecitazione è stata data dall’Acr sulla sfida dell’alleanza educativa con le famiglie e con la società, in cui i ragazzi che ci sono affidati vivono. “Ogni tempo – ha premesso Truffelli – è un tempo difficile, ma è sempre un tempo propizio! Propizio a gettare il seme buono: il seminatore non sceglie nè il terreno nè la stagione, gli viene solo chiesto di seminare. Noi non facciamo Azione Cattolica “malgrado il nostro tempo”, noi facciamo azione cattolica per questo tempo, per questa società, non come un ostacolo ma come un dono che ci viene fatto! Ma la prima alleanza da cercare é con i ragazzi: sono loro i protagonisti della loro formazione: sono loro che ci portano al “come fare”!”

“Dovremmo sempre chiederci – ha sottolineato il vescovo don Mimmo Battaglia durante le conclusioni, dopo aver ringraziato le Ac parrocchiali e l’Ac diocesana per il loro impegno – se nelle nostre Ac parliamo solo dopo aver ascoltato. Ascoltare non è sentire le parole, è entrare in quelle parole, entrare in chi sta parlando. Non è detto che quando ripetiamo integre le parole della fede, abbiamo anche ascoltato. Senza ascolto non esistiamo come persone e nemmeno come popolo. Non esistiamo nemmeno come Chiesa. Rischiamo di chiacchierare a vuoto. Solo contemplando il volto di Cristo è possibile trasformare l’ascolto in preghiera, condivisione, coraggio di osare. La dimensione contemplativa sia davvero prioritaria; essa prende insieme la cura della relazione con Dio, con l’altro, con il territorio, con la comunità, ed è fonte di una condivisione reale e possibile di ciò che in coscienza lo Spirito suggerisce. Abbiamo bisogno di radicare il nostro sguardo nello sguardo del Signore. Vivere la comunione con Dio e con i fratelli come dono significa assumere la sinodalità come stile. La comunione chiama a costruire processi di fraternità, è come una spinta interna nelle comunità a uscire per promuovere la formazione al bene comune, per contaminare della gioia missionaria gli ambiti delle politiche sociali, economiche, territoriali. Se è vero che non c’è vita senza relazione – ha proseguito don Mimmo – vuol dire che non c’è relazione senza ascolto. Senza ascolto non siamo popolo, non siamo comunità, non siamo associazione. Per capire la storia racchiusa nel cuore di ognuno non dobbiamo solo ascoltare, ma entrare nelle parole di una persona, cioè nel suo cuore. Gesù non è solo parola con il suono, ma con la sua carne, una parola scritta col suo modo concreto di stare al mondo. Siamo, quindi, chiamati a fare spazio all’ascolto nell’accoglienza all’altro. Perché possiamo accogliere Dio, solo se accogliamo l’altro”. Il valore dell’ascolto e dell’incontro, del perdersi “per contemplare l’oltre che abita i volti”. Rimanendo sotto le parti, silenziosamente a piedi nudi e a cuore scalzo, ma sporcandosi le mani e schierandosi apertamente. “Non accontentatevi – ha concluso Truffelli – di limitarvi a formare persone solo in una determinata età, ma continuate a farle crescere in ogni dimensione della vita e ad accompagnarle nella quotidianità dell’esistenza. Tutti noi laici dobbiamo continuare a formarci. Per questo in Azione Cattolica s’è fatta la scelta di una formazione permanente che accompagna ogni stagione della vita del credente in maniera differente. Una formazione imperniata su un progetto comune a tutta l’associazione e scandita in itinerari declinati per le diverse età, concepiti per poter valorizzare i propri talenti ed integrarli nei diversi cammini pastorali delle parrocchie e delle Diocesi”. Insomma, come laici di Ac, siamo chiamati ad evangelizzare da credenti che vivono nel mondo, da discepoli-missionari che sperimentano e testimoniano la propria fede dentro e attraverso le diverse e concrete dimensioni di tutti gli aspetti dell’esistenza umana (famiglia, lavoro, cultura, giustizia sociale, politica). Una responsabilità non da poco. Che in Ac diventa corresponsabilità.