Dibattitto molto interessante e partecipato, presso la sala conferenze ex Municipio di San Salvatore Telesino, quello sul tema dell’autonomia differenziata delle regioni a Statuto ordinario, intitolato “Regioni e autonomia. Dalla riforma del 2001 alla proposta di oggi”. Nel corso dell’iniziativa, lanciata dalla Scuola di Impegno Socio-Politico della Diocesi e promossa dalla Pastorale Sociale e del Lavoro e dall’Azione Cattolica diocesana, s’è svolto un dialogo prima a due, tra il direttore della Scuola don Matteo Prodi e uno dei promotori del Comitato referendario e coordinatore del “Laboratorio per la Felicità Pubblica” di Benevento, Ettore Rossi, e poi tra i relatori, gli amministratori comunali del territorio e i cittadini intervenuti. Presenti il sindaco di San Salvatore Telesino Fabio Massimo Romano, insieme ad alcuni assessori.
Don Matteo Prodi, nell’introduzione e premessa, ha analizzato a fondo l’aspetto storico ed economico dell’enorme divario che intercorre tra il nord e il sud del Paese, che ha preso una decisa accelerata nel periodo fascista quando, con Mussolini, si puntò nel nord Italia all’industrializzazione tra dirigismo statale e protezionismo eccessivi (ai danni della spesa pubblica) e nel sud Italia all’assalto ai latifondi agricoli. Questa direzione segnò uno spartiacque netto sugli indirizzi che si volevano dare e sulla piega che si stava prendendo. La questione della gloria e del declino, sfociato in crisi, della Cassa del Mezzogiorno, infine, conclusasi con la chiusura della stessa nel 1984, ha acuito definitivamente un distacco che già appariva chiaro ed evidente. Altro excursus, che arricchiva ed aiutava le riflessioni sul tema, lo ha fornito l’altro relatore, Ettore Rossi, che ha descritto con perizia di dettagli l’aspetto squisitamente politico della vicenda, fissando i paletti del suo discorso sui vari singoli passaggi che ci sono stati e che hanno portato alla legge Calderoli, che andrà ad attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001, nonché a tutte le conseguenze negative che ci sarebbero. “Un’autonomia regionale chiesta da tutte le regioni – ha sostenuto Rossi – farebbe venir meno bilancio statale e politiche nazionali nel loro insieme, la riduzione del residuo fiscale favorirebbe, in termini di maggiori fondi e tutele dei servizi, le regioni economicamente più forti a svantaggio delle più deboli, il ruolo del Parlamento ne uscirebbe depotenziato. Insomma, se l’autonomia differenziata non dovesse trovare l’opposizione della maggiorparte dei cittadini, si rischierebbe di ritrovarsi uno squilibrio superiore a quello attuale, e di conseguenza delle diseguaglianze maggiori, con uno svuotamento di servizi e d’investimenti nelle aree più disagiate a vantaggio delle aree più agiate”. Il dialogo, successivamente svolto, ha mirato al cuore degli aspetti salienti della legge sull’autonomia differenziata e delle sue origini più remote. Le tante persone presenti hanno manifestato grande interesse e volontà di capire più approfonditamente le conseguenze che potrà avere questa legge sulla vita delle regioni italiane. Certamente l’aspetto dell’attenzione dei cittadini rispetto a ciò che accade è una risorsa fondamentale perché sorga sempre più una consapevolezza rispetto alle conseguenze di certe scelte. “Sul tema del nodo del gap del sud rispetto al nord – ha chiosato Prodi – bisognava indubbiamente porre rimedio da tempo, legiferare per tempo e intervenire in maniera equanime ed equilibrata per porre rimedio ad un vulnus esistente. La domanda da porsi è: con quest’intervento attuale sull’autonomia differenziata, la vita delle persone peggiorerà o migliorerà? E’ questo che dovremmo sempre chiederci per farci un’opinione sulle proposte di legge. A tutti dovrebbe essere consentito di vivere la stessa, giusta, qualità di vita. L’equità, infatti, non va fatta tanto tra le regioni, ma va promossa tra le persone”. Il rilancio di un intero Paese consisterebbe nell’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, spendendo nel mondo migliore le dovute risorse, al fine di garantire diritti civili e sociali in modo uniforme sul territorio nazionale i diritti civili e sociali. Sarebbe il modo più concreto per dare corpo all’edificio dell’eguaglianza sostanziale, voluto dalla Costituzione, in cui ogni cittadino gode degli stessi diritti a prescindere dal luogo in cui in un determinato tempo risiede. Elemento di valore che non sembra intravedersi in questa proposta di legge sull’autonomia differenziata.