“La carità non resterà più chiusa in uno stabile!”. Parla il nuovo direttore della Caritas don Domenico Ruggiano (articolo pubblicato sul n. 11 del mensile della Diocesi “Voci e Volti”)

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Nel giorno del primo anniversario dell’ordinazione episcopale, il nostro vescovo, don Mimmo Battaglia, ha reso ufficiali le nomine per i nuovi incarichi nei vari uffici diocesani. Tra questi ultimi è presente quello della Caritas diocesana, alla cui ex direzione di don Alfonso Calvano è subentrata quella di don Domenico Ruggiano e di don Iosif Varga, in veste di vice direttore.

La nuova direzione è subentrata ufficialmente e operativamente lo scorso 1° settembre. A distanza di due mesi cerchiamo di capire insieme al neo-direttore don Domenico quali sono i cambiamenti avvenuti e, soprattutto, cosa ha in progetto per questo ufficio.

La Caritas Diocesana è stata rinnovata sia da un punto di vista fisico che dirigenziale, cosa caratterizzerà questo nuovo mandato?
La caratteristica principale di questo nuovo mandato sarà che la carità non resterà più rinchiusa in uno stabile, ma la fragilità, la povertà e ogni richiesta di aiuto troveranno risposta in una casa sempre aperta, un servizio più ampio che accoglie l’uomo nella sua interezza e non più catalogandolo in base ad un bisogno.

Rispetto al servizio offerto fino ad ora da questo sportello, ci saranno cambiamenti? Verrà integrato qualche altro servizio per i più fragili?
La nostra Caritas è stata sempre molto attiva su tutto il territorio diocesano in risposta alle varie esigenze. Certamente i bisogni e la povertà cambiano con l’evolversi della società. In quest’ultimo periodo stiamo fronteggiando molte richieste di contributi, a causa di una forte esposizione debitoria delle famiglie, le quali, avendo ottenuto in passato dei finanziamenti dalle banche, a causa della crisi finanziaria si sono ritrovate con redditi erosi e con diverse uscite finanziarie. Lavoriamo con esperti del settore ad una sorta di rinegoziazione dell’esposizione debitoria.

Oggi chi c’è dietro la Caritas? L’ufficio si è allargato e arricchito di persone: condividere il lavoro vi aiuta?
La fortuna principale è che non c’è un uomo solo al comando. C’è innanzitutto un confratello, Don Iosif, con il quale condividere la fatica del ministero; c’è poi un’equipe di laici, ognuno dei quali si prende cura di un settore specifico della Caritas e, inoltre, un’equipe di persone con le quali c’è una circolarità di informazioni e di sostegno a livello progettuale. Ed infine, non meno importanti, ci sono i vari operatori storici e non della Caritas e i ragazzi del Servizio Civile.

Essendo per te quella della Caritas una realtà nuova, qual è stata la maggiore difficoltà incontrata?
La difficoltà maggiore è stata capire il sistema. Quando si ha a che fare con l’uomo nella sua interezza, ogni colloquio, ogni sollecitazione può essere per noi motivo di attenzione e progettazione rispetto ad un bisogno piuttosto che ad un altro.

Come si è svolto il lavoro finora?
Abbiamo impiegato tante energie in questi primi due mesi, per far sì che fossero i più fruttuosi possibile. Oltre al lavoro ordinario abbiamo trasferito tutte le attività su una nuova sede, manteniamo i contatti con Caritas Italiana e con gli attori istituzionali del territorio (Asl, comuni…); coniugare quindi sia la parte progettuale che operativa dell’ufficio. In un mese abbiamo “macinato” una mole di lavoro che richiedeva molto più tempo, soprattutto per noi che siamo stati inseriti in un contesto nuovo e in dinamiche sconosciute. Sono soddisfatto del lavoro fatto fino ad oggi.

Secondo anche la vostra precedente esperienza da parroci, qual è il maggior bisogno del nostro territorio?
Facendo un discorso complessivo, la problematica che si presenta più spesso è la riduzione della disponibilità reddituale, quindi le persone che lavorano vengono retribuite poco e male, mentre le spese e i costi di vita aumentano. In questo modo le famiglie si trovano in serie difficoltà. Ringraziando Dio il pane non manca su nessuna tavola, perché nelle nostre realtà il senso della famiglia è ancora molto forte. Qualcuno ancora si rivolge a noi per i generi alimentari, ma per questo servizio abbiamo un progetto. “Il pacco” è una cosa che deve scomparire! Esso sottintende una logica errata, ovvero sono io Caritas a priori a decretare qual è il bisogno di un individuo o di una famiglia. Stiamo progettando di sostituire il servizio del pacco alimentare con un “emporio solidale”, una sorta di supermercato, dove, in base all’esigenza viene consegnata una scheda alla persona interessata e in piena autonomia si rifornirà di generi alimentari, Questo innescherà un altro meccanismo molto importante: l’educazione alla spesa. In questa era dove regna il consumismo, spesso manca proprio la capacità di fare una cernita o valutazione dei reali bisogni.

Come sarà strutturato il lavoro in Caritas?
Da oggi la Caritas non sarà più un ufficio a sé ma lavorerà a stretto contatto con la cooperativa iCare. Ciò avverrà anche da un punto di vista fisico nella nuova struttura, in uffici comuni, e lo stesso avverrà anche con il direttore della Casa per la Pace. Seguiremo l’invito fattoci dal nostro Vescovo, ovvero di mettere in atto una chiesa sinodale, partendo già da questa presidenza condivisa. Ci saranno due postazioni del centro di ascolto, in questo modo potremmo orientare i più fragili in base alle loro esigenze. Per rispondere in modo concreto abbiamo stretto collaborazioni con l’assistenza sanitaria del territorio, vari medici, l’industria, e quindi con imprenditori che sposano le nostre progettualità e ci offrono il loro aiuto.
Essendo il nostro un territorio ampio e frammentato, spesso molte situazioni particolari, che necessitano di un serio aiuto, restano chiuse nelle proprie realtà, e proprio per questo, noi lavoreremo a stretto contatto con i parroci e le realtà locali. La Caritas animerà le varie parrocchie affinché ci sarà qualcuno a prendersi carico delle diverse fragilità.

Auguriamo al neo-Direttore e a tutta l’equipe il raggiungimento di tutti gli obbiettivi prefissatisi.

Rosalia Longo